Lorenzo Radice

Sindaco di Legnano
1 Febbraio 2022 |
Valerio Imperatori

L’insegna Caffè Farmacia campeggia in piazza San Magno a pochi metri dall’entrata principale del Palazzo Municipale. Un particolare che attira immediatamente l’attenzione. Un caffè per scoprire arredi di una farmacia del XIX secolo che mettono in mostra bottiglie di vino, dolci confezionati, e le vivande presenti nel menù con nomi storpiati di medicinali. Una tradizione ottocentesca, una micro storia locale lontana nel tempo e per importanza dalla celebre Battaglia di Legnano combattuta tra l’esercito imperiale di Federico Barbarossa e le truppe della Lega Lombarda il 29 maggio 1176 e alla quale Giuseppe Verdi dedicò un’opera in quattro atti.

Siamo nella piazza centrale di Legnano dominata dalla Basilica dedicata al Santo a fianco della quale s’innalza Palazzo Malinverni, costruito agli inizi del ‘900 in stile neogotico lombardo. Qui ha sede il Comune dove mi aspetta il Sindaco Lorenzo Radice. Un giovane quarantenne chiamato a governare una città di oltre 60mila abitanti.

“Giovane si, ma non il più giovane sindaco nella storia della città. Ho un illustre precedente, Franco Crespi sindaco a fine degli anni ’70, anche lui eletto a quarant’anni, ci giochiamo il titolo del più giovane ma vince lui per pochissimi mesi. Lo considero un amico perché anche grazie a lui mi sono affacciato nei primi anni del 2000 sulla politica amministrativa della città”.
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Mi sembra però che la giovane età non sia la sola “anomalia”. Lei nonostante la presenza in Consiglio Comunale non è cresciuto nelle sedi e nei corridoi della politica tradizionali. Lei proviene dal Terzo Settore, anche professionalmente, è dipendente della Fondazione Istituto Sacra Famiglia, una organizzazione senza fini di lucro attiva nel settore sociosanitario e assistenziale. Cosa ci fa su quella poltrona?

“È vero, il mio profilo di sindaco è un po’anomalo. Cosa ci faccio qui? In una battuta potrei risponderle che i cittadini mi hanno permesso di sedermi qui. Ma al di là dell’ovvietà, è vero io vengo dal mondo del sociale, dal Terzo Settore. La mia vita professionale così come il mio impegno da cittadino comune è nato e cresciuto nel mondo del volontariato. A onor del vero negli anni passati ho avuto anche un’esperienza politica in consiglio comunale, sia di minoranza che di maggioranza e questo mi ha permesso di conoscere un poco il mondo della politica legnanese. Qualcuno ci accusa di essere sognatori. Io penso che se non hai un sogno non vai da nessuna parte. Sono ben consapevole del compito che mi aspetta. Ma mi sento anche forte dell’esperienza che ho maturato nella mia professione: negli ultimi anni mi sono occupato prevalentemente di strategie di una grande Fondazione no profit ma di fatto mi occupo di aiutare quella realtà a impostare le strategie che le permettono di traghettare l’incertezza nella quale viviamo, di trovare una strada e soprattutto di garantirsi la sostenibilità economica. Ma qualsiasi programmazione, anche quella più accurata e vincente, non può che partire da un’analisi dei problemi, in questo caso di una città. Legnano è una città che da anni ormai vive un grande problema: quello della solitudine, che certo non trova alcun spazio sui media tradizionali”.
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Le elezioni amministrative, la campagna elettorale e infine la sua nomina non sono stati passaggi semplici, anche a causa della pandemia.

Purtroppo è stato così. Siamo partiti lo scorso anno pensando che le elezioni dovessero tenersi nel giro di due mesi. Poi il lockdown e tutto è stato posticipato. Insomma siamo partiti pensando di correre i 100 metri ma poi ci siamo ritrovati ad affrontare una lunga maratona. Ciò che più colpiva era la completa assenza di comunicazione con la città, verso i suoi abitanti. La gestione commissariale d’altra parte per definizione non avrebbe potuto prendere particolari provvedimenti o decisioni, si è occupata dell’ordinaria amministrazione. Ma quella gestione in teoria avrebbe dovuto durare poco, poi anche per il Covid, il Commissario rimase molti mesi in città”.
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Mi ricorda perché si dovuti ricorrere alla gestione commissariale?

La giunta precedente era di fatto caduta, messa in minoranza dall’opposizione e da alcuni consiglieri di maggioranza che rassegnarono le proprie dimissioni. Poi ci fu un tira e molla segnato anche da alcune vicende di interpretazione giuridica della norma e alla fine intervenne il Presidente della Repubblica, su parere favorevole del Ministro degli Interni, del Consiglio di Stato, del Tar della Lombardia e del Prefetto di Milano, e decretò lo scioglimento del Consiglio Comunale. Da ricordare che il prefetto aveva già provveduto a nominare un commissario all’indomani degli arresti di tre amministratori. Una situazione piuttosto travagliata che è durata per alcuni mesi tenendo nel limbo la città”.
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E poi finalmente le elezioni…

Una città bloccata, il crescere di una sfiducia dei cittadini ma allo stesso tempo la consapevolezza delle necessità di mettere insieme le forze sane e civiche di Legnano che aiutasse la città a ripartire soprattutto con una visione progettuale capace di guardare al futuro. E forse in questo travaglio, ma allo stesso tempo nella capacità non più rinviabile di dare certezza alla città coinvolgendo le energie migliori del territorio, è nata la mia candidatura a sindaco. Uno sforzo immane che i cittadini hanno premiato.
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Un giovane sindaco per una comunità giovane?

La nostra popolazione dal punto di vista anagrafico è allineata ai parametri nazionali. Abbiamo una forte componente anziana ma anche una popolazione scolastica, quindi giovane, molto significativa. Gli anziani, come in tutto il Paese, sono in aumento e questo si rispecchia anche nella classe politica locale, consiglieri e assessori che vanno dai 30 ai 60, 70 anni.

Ma questa condizione, se vogliamo, presenta anche degli aspetti positivi, perché è la reale rappresentazione del tessuto sociale cittadino, l’insieme delle diversità che costituiscono una forza ma anche consigliano ai decisori politici la prudenza.

Comunque una componente giovane si sta con forza affermando in Consiglio Comunale e per noi tutti questo è motivo di grande speranza, perché comunque mi fa ben sperare che ci siano persone capaci di togliersi qualche soddisfazione con un ruolo pubblico nell’ente locale, siano essi consiglieri di maggioranza o di opposizione. Per questo, oltre alle deleghe agli assessori, alcuni incarichi sono stati assegnati a consiglieri per seguire specifici progetti. Anch’io ho fatto la mia ” gavetta” di consigliere, tra delusioni e soddisfazioni, e consiglierei a tutti i cittadini di vivere una esperienza nelle istituzioni. Sarebbe certamente una tappa formativa importante.
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Come avete vissuto e gestito la crisi pandemica?

Noi che si siamo insediati nel mese di ottobre 2020 abbiamo vissuto forse il momento meno drammatico della crisi pandemica. Tutto il sistema dei bonus, degli aiuti verso i cittadini più deboli è stato sostanzialmente governato dal Commissario Prefettizio. Però nella seconda ondata abbiamo cercato di monitorare i numeri, i dati dei fabbisogni reali e rispettando le indicazioni che arrivavano dai diversi Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, i famosi Dpcm. Abbiamo distribuito, in varie forme, oltre 2 milioni di euro di aiuti. Ma abbiamo anche cercato di uscire da una logica sussidiaria, perché il Comune non può per ovvie ragioni fare tutto. E allora con l’aiuto delle diverse associazioni del territorio abbiamo monitorato la situazione e investito risorse per far ripartire le loro attività, dopo aver verificato attentamente le perdite subite durante il lockdown. Certo, come ovunque, anche qui soprattutto i commercianti hanno perduto gran parte del loro fatturato, alcuni con il rischio di chiusura definitiva. Nel weekend, nei giorni semi festivi, il nostro centro storico si riempie di cittadini da tutti i centri vicini, anche solo per lo shopping. Quindi si può ben immaginare i danni che hanno subito i nostri operatori commerciali.
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Ma il bello e il difficile, l’onere e l’onore, vengono adesso. Come pensa di caratterizzare il suo governo?

In questo primo anno abbiamo lavorato molto sulla parola cura, abbiamo cercato di curare la nostra città a partire dalle relazioni.

La città non è una città dormitorio, non è una città tipica da hinterland della metropoli milanese. È una città che ha una sua specificità, una serie di reti che la rendono molto particolare ricca di tradizioni storiche. Il Palio è quella più visibile, più nota, ma non è la sola. C’è un tessuto di vita cittadina molto attivo in ambito imprenditoriale, commerciale, sociale, culturale e sportivo. Ecco, tutte queste reti si erano molto raffreddate e rarefatte. Il Covid le ha ulteriormente indebolite. Occorreva dare una prospettiva nuova ai cittadini, una vera ripartenza ed è quello che abbiamo cercato di fare nei primi dodici mesi. Occorreva curare le ferite, curare quelle relazioni, consapevoli che la ripartenza fosse possibile solo ritessendo quel sistema di relazioni. Contemporaneamente abbiamo dato vita a una serie di progetti importanti che ci hanno permesso di ottenere finanziamenti per venti milioni di euro. Stiamo proponendo cambiamenti significativi per la nostra comunità con una visione progettuale che lavora da un lato sulla concretezza, sui bisogni immediati e dall’altro sulla prospettiva di una completa rigenerazione urbana. Insomma un’idea di nuova città nel rispetto della sua storia. Intanto abbiamo dato risposte immediate su questioni che erano state per troppi anni tralasciate, anche perché prima c’è stato il patto di stabilità che ha bloccato la possibilità di investire poi la crisi di natura politica. Per cui siamo partiti da cose basilari e vicine alle necessità quotidiane dei cittadini come la manutenzione delle strade, la gestione dei rifiuti, la cura del verde.. Insomma stiamo rimettendo mano a tutte quelle criticità che per molti anni non sono state risolte.
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Questa la “cura” ma con “il coraggio di immaginare” che città sogna Sindaco Radice?

Io credo che la cosa più importante del nostro programma amministrativo sia proprio quella visione strategica che prevede la realizzazione di progetti molto ambiziosi destinati a cambiare il volto della nostra città. Aspiriamo alla città in 15 minuti, una città policentrica e ben servita che esalti la vitalità dei diversi quartieri che costituiscono il nostro tessuto urbano. Per fare ciò dobbiamo iniziare dalla trasformazione di tutto il sistema della mobilità, del trasporto pubblico e privato e della viabilità, con particolare attenzione ai nuovi mezzi per la micromobilità urbana soprattutto quella elettrica, che contempla l’uso di mezzi più piccoli e versatili per arrivare a destinazione, non solo le biciclette a pedalata assistita. È quello che sta avvenendo non solo in moltissime città europee ma anche italiane. Non a caso il governo nel marzo 2020 licenziò il nuovo regolamento per la micromobilità elettrica con precise regole stradali che garantissero anche la sicurezza degli utenti. Non solo regole ma anche tracciati viari dedicati, per questo stiamo lavorando per realizzare al più presto la rete della mobilità sostenibile e dolce, la Bicipolitana.

Inoltre pensiamo alla realizzazione della rete verde e del commercio, una serie di connessioni fra la mobilità dolce, le aree verdi e i negozi di vicinato. Così facendo non solo riattiviamo il piccolo commercio di vicinato, che ancora esiste e resiste, ma portiamo i servizi ai cittadini anche fuori dal centro città. Stiamo già lavorando alla strategia progettuale La scuola si fa città, per cui ci siamo aggiudicati un finanziamento 15 milioni partecipando a una manifestazione d’interesse. Ogni giorno oltre 5.000 studenti frequentano le nostre scuole, di questi 3.000 vengono da città e paesi vicini. Quindi un forte pendolarismo scolastico che riguarda soprattutto le scuole superiori. Si tratta di un segmento di popolazione quasi invisibile, del quale nessuno si è mai occupato. Per questo andremo a fare investimenti con riqualificazione di alcune aree per permettere ai giovani di avere una vita anche al di fuori dell’orario scolastico. Oggi i ragazzi escono da scuola, si riversano sui pullman per ritornare nei loro paesi e, quando non lo fanno, vagano per la città senza una meta. Per questo vorremmo dare anche agli studenti pendolari possibilità di connessione e integrazione con il tessuto urbano cittadino. Creeremo luoghi per incontri, luoghi di studio, di attività ricreative e sportive in modo tale che la loro permanenza a Legnano per qualche ora al termine delle lezioni possa essere vissuta attivamente. Sa quando ci accorgiamo della presenza di questa massa di studenti? Solo quando si accalcano alle fermate dei bus che li riportano a casa”.
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Palazzo Malinverni, sede del Comune di Legnano

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Torniamo per una attimo al tema che lei ha evidenziato con forza, la solitudine. Ci spieghi meglio.

Metà della nostra popolazione, anzi due terzi, vive in nuclei di un massimo di due persone.

Nonostante in questa città ci siano molte e forti reti sociali a volte appaiono ai più troppo chiuse, non sempre le persone riescono a rapportarsi e chi è escluso resta solo. Il tema della solitudine si può affrontare chiaramente in una logica riparativa oppure in una logica di città che si fa carico della cura delle persone cercando di attivare sempre più relazioni, attivare legami.

Come avviene nelle scuole dove l’offerta di relazione è naturalmente maggiore, in grado di costruire solide reti sociali, per altro anche educative. Per questo dobbiamo pensare a una città che valorizzi tutti quei luoghi che possono essere aggregatori di persone e sviluppare relazioni,luoghi devono divenire veri e propri hub di comunità. Stiamo investendo molto sulla scuola, sugli impianti sportivi, su strade e piazze che debbono tornare a essere luoghi d’incontro belli, attrezzati e serviti. Vogliamo che Legnano cambi e torni a vivere e animare, come sempre ha fatto, anche le manifestazioni cittadine importanti. Non a caso, nonostante le mille difficoltà, alcuni eventi sono ripartiti, dal Palio alla Coppa Bernocchi, al District Festival”.
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Una sorta di rigenerazione urbana. Ma lavorate anche al recupero del patrimonio locale?

Anche questo è un nostro obiettivo. Nel corso di questa amministrazione avvieremo il recupero di una serie di edifici che costituiscono il patrimonio storico identitario della città, edifici e palazzi abbandonati da 30/40 anni. Penso alla palazzina di via Milano, una struttura con palestra di epoca fascista abbandonata ormai da vent’anni la cui copertura è in cattive condizioni. Penso ad altre palazzine storiche che abbiamo e che sorgono in prossimità di alcune aree dismesse. Già da quest’anno alcuni progetti inizieranno a prendere forma.
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Legnano è anche meta per i residenti dei comuni più vicini. Come generalmente raggiungono la città?

Si muovono mediamente ancora tutti in auto e questo è per noi un grande problema e allo stesso tempo una scommessa. Non abbiamo aree di parcheggio sufficienti, sistemi di intermodalità che possano in qualche modo alleggerire la mobilità in auto.

Con i Comuni intorno stiamo collaborando per una rete di piste ciclabili intercomunali, a favorire il collegamento con Castellanza, San Vittore e Cerro Maggiore dopo il collegamento con Rescaldina. A proposito d’intermodalità, sul piano urbanistico stiamo cominciando a lavorare al recupero di aree dismesse a partire dall’ex Manifattura. Per quanto riguarda l’ex Tosi una sua porzione potrebbe essere utilizzata per interventi di intermodalità che porterebbero grandi benefici a tutto il centro storico. A tutto ciò si aggiunge la necessità di una risistemazione razionale dell’area della stazione, dell’accesso alla ferrovia e quindi agli stalli per il parcheggio”.
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Piano Nazionale di Ripresa e resilienza (PNRR). Come vi state muovendo?

Il tentativo che stiamo facendo è quello non tanto di inseguire singoli bandi ma, sulla base dei nostri progetti strategici, scegliere le opportunità che il PNRR potrà offrire negli ambiti degli interventi che la nostra Amministrazione ha messo nel proprio programma. Noi abbiamo già partecipato a un bando, “Qualità dell’abitare”, insieme con i Comuni di Rescaldina e Parabiago che ci ha permesso di ricevere complessivamente 15 milioni equamente distribuiti tra i tre comuni. Questo non era un bando del PNRR, ma un bando emesso alla fine dell’anno scorso per cui, a livello centrale, si è deciso questa estate di utilizzare risorse del PNRR.

Ma soprattutto quello che stiamo cercando di fare è collaborare attivamente con altre amministrazioni locali, per cui sono necessarie azioni coordinate. Abbiamo aderito al Servizio Europa di Area Vasta (Seav ) di Anci Lombardia con l’obiettivo di facilitare, tramite formazione, la progettazione tra diversi enti, in particolare sui bandi della Comunità Europea.

Con la stessa logica affronteremo i bandi previsti dal PNRR: abbiamo aderito alla proposta fatta da Città Metropolitana a tutti i Comuni di partecipare alla loro centrale di monitoraggio dei trasferimenti economico finanziari in modo che su alcuni filoni d’interventi progettuali si possa lavorare insieme e interloquire con i vari Ministeri proprio in una logica di aggregazione. Quando decidi di percorrere questa strada devi avere la tua idea strategica forte, devi essere anche molto rigido con gli obiettivi ma flessibile con gli strumenti. Insomma, devi essere disponibile a sederti al tavolo con gli altri Comuni per trovare il modo di far collimare i reciproci bisogni in una visione d’insieme.
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Gran parte delle risorse previste dal PNRR saranno destinate alla digitalizzazione della PA. Secondo lei sulla base dell’esperienza che ovviamente sta facendo oggi il personale della pubblica amministrazione è in grado di vincere le sfide dell’innovazione e del digitale?

Io credo che i dipendenti pubblici che da diversi decenni hanno lavorato nelle amministrazioni locali, compresa la mia, abbiano sempre svolto un lavoro importante. Certo l’era digitale, anche solo da un punto di vista culturale, sta trasformando i processi interni con inevitabili difficoltà di adeguamento nella formazione professionale del personale che per decenni ha svolto le proprie mansioni in modalità assai diverse da quelle oggi contemplate dal digitale. È anche vero che, dopo anni e anni di blocco delle assunzioni, si è avviato un discreto turn over. Nel nostro Comune, che conta 270 dipendenti, nell’ultimo anno e mezzo abbiamo registrato 30 pensionamenti. In alcuni casi questa situazione costituisce per noi un’opportunità perché ci permette di inserire in organico skill e competenze formatesi negli ultimi anni sui temi della digitalizzazione, di possedere nozioni necessarie all’approccio smart city, insomma di avere un altro passo. Ciò non toglie che ci siano molti dipendenti che meritano un ringraziamento enorme perché, anche in una struttura comunale dove da quarant’anni lavorano su questi temi, attraversando tutta la fase della vita professionale e tecnologica fin da quando si usavano le schede perforate, hanno dimostrato grandi capacità. E i risultati si vedono. Oggi possiamo vantare di aver lavorato molto sulla centralizzazione dei processi interni, su tutto il tema dei pagamenti della PA, lo Spid, la carta d’identità elettronica, l’anagrafe on line. Sicuramente questo dimostra anche che nella PA ci sono tante persone che con passione hanno lavorato e, forse, anche combattuto per raggiungere significativi traguardi.
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Ma poi bisogna fare i conti con la velocità dello sviluppo tecnologico…

La velocità è pazzesca. Questo impone, anche a livello nazionale, una seria riflessione. Per alcuni settori della PA forse è meglio esternalizzare talune competenze. La velocità dello sviluppo del digitale io credo debba spingerci a tenere “in casa” le competenze fondamentali di direzione e leadership e, allo stesso tempo, aprire maggiormente al mercato. Dopo un anno gli sviluppi tecnologici rischiano di invecchiare gli apparati che tu hai in adozione negli uffici. Hai necessità continua di aggiornamenti e adeguamenti. Affronti un mercato in continua evoluzione con il rischio che, dopo anche solo un anno, la tecnologia adottata possa già essere superata.
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Pubblica Amministrazione e mercato. Cosa pensa delle possibilità di sviluppo del partenariato pubblico-privato in tutte le sue forme ammesse dalle normative?

Se vogliamo stare al passo con le richieste del cittadino, la PA deve incentivare l’incontro tra pubblico e privato. Il Partenariato Pubblico Privato (PPP) è parte del nostro programma amministrativo. A Legnano il PPP, per scelta del Commissario, è stato avviato per la riqualificazione dell’illuminazione pubblica, un intervento che la città attende da vent’anni. Un’altra opera per la quale avvieremo un PPP è la piscina, chiusa per il crollo di una porzione di vetrata dal Commissario, poi solo in parte riaperta. Ma ormai dobbiamo procedere a una complessiva ristrutturazione.

Quindi lavoreremo in questa logica, e non tanto per le risorse economiche necessarie alla realizzazione, ma per la gestione, la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere. Quando ero consigliere comunale di maggioranza, per via del blocco rappresentato dal patto di stabilità, il PPP era l’unica formula che cercavo di spingere nelle scelte degli amministratori.

Anche gli aspetti di adeguamento oggi sono importanti. Una volta costruivi la piscina e per trent’anni eri a posto. Oggi cambia anche semplicemente la moda e se, per esempio, non hai il Percorso Kneipp non sei più appetibile. Se poi decidessimo di adeguarci e prevedere quella novità dovremmo progettare, fare la gara, definire gli stanziamenti e, forse, dopo tre anni arriveremmo alla meta. Ma nel frattempo il Percorso Kneipp sarà stato superato, non sarà più di moda e così la PA avrà perso tempo e denaro. Lo stiamo sperimentando adesso con i gestori dei campi da tennis, che ci chiedono di prevedere l’adeguamento delle strutture per il gioco del Padel, che va molto di moda in questi anni. E ci chiedono pure di essere veloci, di agire prima che questa nuova passione sportiva tramonti.

Insomma la vita di un sindaco che ha scelto di mettersi temporaneamente al servizio della propria comunità, non è semplice. Mi piacerebbe lasciare alla città un segno forte del mio passaggio e del tempo passato su questa poltrona”.

La nostra chiacchierata si chiude qui, il giovane sindaco Lorenzo Radice di Legnano lascia il suo ufficio per altri incontri. A me non resta che augurargli di riuscire a realizzare i sogni per la sua città sempre nel rispetto degli impegni presi con i suoi cittadini. Esco dal Comune con il ricordo di queste parole: curare, solitudine e coraggio di immaginare.

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