Gestire i progetti tra competenze e processi

Con Enrico Mastrofini, presidente dell’Istituto Italiano di Project Management, approfondiamo un tema caldo per la PA, ossia quello della realizzazione dei progetti che portano poi al rilascio di servizi, infrastrutture e quant’altro sia destinato al pubblico. Anche in vista di quanto previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
10 Dicembre 2021 |
Paolo Morati

Partiamo da una definizione generale di project management…

Prima di tutto va precisato che il termine ‘project’ significa progetto dal punto di vista dell’insieme delle attività necessarie a raggiungere il risultato del progetto ed è quindi diverso da ‘design’. Il fatto che in Italia invece si usi in entrambi i casi ‘progetto’ ha dato luogo ad alcune incomprensioni sull’effettiva natura del project management laddove in alcune realtà viene scambiato con il lavoro di progettazione, ‘design’ appunto. Detto questo, parliamo di un insieme di metodologie, tecniche e filosofie gestionali volte a gestire un progetto nella sua interezza: dall’avvio alla pianificazione, esecuzione e controllo, fino alla chiusura per arrivare all’obiettivo, il cosiddetto ‘deliverable’, il rilascio. Ecco che il responsabile si deve occupare di tutte queste attività che sono definite nelle metodologie internazionali e riportate in norme come la ISO21500 recepita in Italia come UNI ISO 21500 (recentemente sostituita dalla UNI ISO 21502). Ad essa si collega anche la UNI11648 che dal canto suo definisce i requisiti di conoscenze e competenze che deve possedere il responsabile di progetto con riferimento ai cinque processi di avvio, pianificazione, esecuzione, controllo e chiusura.
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Come si struttura quindi un’attività di project management, quali sono i processi che la caratterizzano e le singole attività in gioco?

Tenendo conto dei cinque processi citati poc’anzi, il progetto non parte dalla pianificazione, ma dall’individuazione del traguardo che si vuole ottenere, delle attività da svolgere e degli interlocutori coinvolti (i cosiddetti ‘stakeholder’) nel lavoro di gruppo che coinvolge persone dell’organizzazione ma anche esterne ad essa. Questo processo riguarda l’avvio del progetto e dovrebbe concludersi con la stesura di una scheda del progetto, un documento contenente tutte queste informazioni, le azioni da intraprendere, le scadenze, il nome del responsabile e i soggetti coinvolti, il budget a disposizione, e così via. Più informazioni si hanno a disposizione più la successiva pianificazione diventa agevole. Uno dei risultati della pianificazione, tipicamente utilizzato anche come riferimento per tenere tutto sotto controllo, è il ‘diagramma di Gantt’, che nella PA viene chiamato ‘cronoprogramma’ e che mostra in forma grafica lo scorrere del tempo e le attività che vengono svolte, dall’avvio alla chiusura.
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Enrico Mastrofini, presidente dell’Istituto Italiano di Project Management

Quali sono le competenze necessarie per svolgerle, le figure professionali coinvolte e come queste vengono formate?

Va premesso che tutti coloro che partecipano a un progetto dovrebbero possedere un minimo di conoscenze di base comuni per poter usare tutti lo stesso linguaggio. Utilizzando un diagramma di Gannt è ad esempio necessario saper comprendere un piano temporale e verificare determinati indicatori per individuare lo stato del progetto rispetto ai criteri di misurazione concordati. Bisogna quindi possedere le conoscenze previste e saperle applicare nella pratica sviluppandole nel tempo e sul campo.

Tipicamente il project manager deve avere conoscenze tecniche ed economiche di base, e la materia viene oggi insegnata anche in facoltà come Ingegneria ed Economia e altre ancora, essendo trasversale e applicata a qualsiasi ambito professionale. Provo a fare un esempio. Chi opera nei beni culturali e deve organizzare una campagna archeologica ha bisogno anche di capacità organizzative su più livelli che vanno dalla stesura di un piano, all’organizzazione di una campagna di scavi e sopralluoghi, individuando nel contempo eventuali altre figure da coinvolgere e di cui avvalersi. Il contributo degli esperti di settore è importante perché ciascun tipo di progetto fa riferimento a un determinato contesto aziendale, organizzativo, sociale ed economico.

Allo stesso modo la gestione di progetto per la costruzione di un’infrastruttura stradale può essere simile a quella di un progetto informatico ma richiede l’apporto delle competenze specifiche per la definizione delle attività tecniche necessarie per arrivare a un determinato risultato, in questo caso, ingegneri civili, geometri, e così via. Comprendere in che misura lo schema in 5 processi va applicato dettagliatamente e se avvalersi di supporto esterno è uno dei compiti specifici del project manager.

In genere si parla di un unico project manager, ma nei progetti di dimensioni più grandi si può comporre un intero gruppo dedicato. Un esempio recente è quello che ha visto la costruzione del nuovo ponte ‘Genova San Giorgio’ di Genova affidato poi a una società di consulenza esterna. Se invece guardiamo al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), esiste un gruppo di supporto al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) che sta già definendo i criteri di governance dell’insieme dei singoli progetti che compongono il programma e che hanno appunto l’obiettivo comune di accedere ai finanziamenti europei. Ricordandoci che gestire finanziamenti significa raggiungere risultati concreti, perché spendere è facile, ma meno facile è chiudere i progetti entro i 5 anni previsti dal PNNR. Una finestra di tempo ben diversa da quella dei finanziamenti ordinari.
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In termini di strumenti di supporto, quali sono oggi le tipologie di applicazioni a disposizione dei professionisti che si occupano di project management e come si sono evolute nel tempo?

I project manager hanno a disposizione software di varia natura e complessità che consentono di supportare tutta la gestione dei processi, partendo appunto dalla composizione delle varie attività ed eseguendo anche simulazioni per capire dove è necessario intervenire. Ad esempio, in termini di risorse, in caso di sottocarichi o sovraccarichi di lavoro o allontanamento da quanto previsto nel ‘cronoprogramma’. Si tratta di strumenti che offrono un supporto efficace ed efficiente e che permettono di gestire più progetti contemporaneamente od organizzare i lavori di gruppo, supportando anche attività e singole fasi. È il caso di quelli dedicati ai Rup (Responsabili di procedimento) che gestiscono appalti con le aziende private, e che possono usufruire di funzioni per le tempistiche delle gare, avendo visibilità su scadenze da rispettare e consegne dei documenti di offerta. Partecipare a gare di una certa entità è del resto molto complesso in quanto si devono predisporre e consegnare documenti con una tempistica stringente e con i vincoli legati alle fasi successive. Queste dovrebbero essere seguite dal Rup il quale in base alla normativa degli appalti deve possedere proprio competenze di project management. Le competenze sono fondamentali anche in questo caso per fissare criteri di misurazione corretti rispetto al fornitore e per colloquiare alla pari con quest’ultimo andando oltre le conoscenze giuridiche e amministrative.
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Quali sono le sfide di cui tenere conto e come affrontarle, gli errori da non commettere e i punti critici da evidenziare perché un progetto venga gestito correttamente?

Il primo errore da non commettere è la sottovalutazione della pianificazione. Farne una affrettata significa inevitabilmente dimenticarsi qualche punto fondamentale. In secondo luogo è importante associare alla pianificazione anche l’analisi dei rischi, non soltanto relativamente a un progetto, ma a qualunque attività, cercando di capire se è possibile che si verifichino eventi che impattano negativamente e, nell’eventualità, predisporre contromisure e riservare un budget per l’intervento. Essenziale è inoltre la capacità del project manager di fare squadra perché quando c’è consapevolezza che si lavora per un risultato comune allora viene stimolata la collaborazione per mettere in atto le azioni correttive necessarie. Se al contrario si crea un clima di competizione ogni imprevisto può scatenare azioni di rivalsa che non aiutano a raggiungere l’obiettivo del progetto. Ecco che il project manager deve saper gestire le persone e la comunicazione tra di esse.
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Andando nel dettaglio della PA, come il settore pubblico deve affrontare il tema del project management tenendo conto delle sue caratteristiche e tipologia di progetti e facendo anche un confronto con quello privato?

Stiamo parlando di committenti che sono decisamente diversi, con progetti che nella PA spesso non sono orientati al business bensì al raggiungimento di risultati o all’offerta di servizi ai cittadini. E nella maggior parte dei casi si tratta di progetti affidati in appalto. Nel caso di progetti di reingegnerizzazione e di innovazione organizzativa ci può essere invece il rilascio di nuove regole, procedure, modalità di erogazione. In generale vanno scelte persone adatte al team che si va a formare, con il problema che nel pubblico non sempre sono disponibili competenze specialistiche in numero sufficiente. Un aspetto che negli ultimi mesi si sta cercando di risolvere con le campagne lanciate per ingaggiare più personale specialistico.
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Esistono delle linee guida particolari quando si parla di PA e project management? Sono previste delle figure e regole particolari?

Esistono dei riferimenti che rimandano alle norme UNI ISO citate in precedenza. Nelle ‘Linee Guida n. 3, di attuazione del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recanti Nomina, ruoli e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni’ si legge ad esempio che “Il RUP è in possesso di una specifica formazione professionale soggetta a costante aggiornamento, commisurata alla tipologia e alla complessità dell’intervento da realizzare. Le stazioni appaltanti, nell’ambito dell’attività formativa specifica di cui all’art. 31, comma 9, del codice organizzano interventi rivolti ai RUP, nel rispetto delle norme e degli standard di conoscenza Internazionali e Nazionali di Project Management, in materia di pianificazione, gestione e controllo dei progetti, nonché in materia di uso delle tecnologie e degli strumenti informatici.”

Nelle ‘Linee guida per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica da porre a base dell’affidamento di contratti pubblici di lavori del PNRR e del PNC’ si fa invece riferimento alla UNI ISO 21502 che è indirizzata proprio agli appalti pubblici (vedere box in queste pagine, n.d.r). Ma è auspicabile l’introduzione di riferimenti al project management anche nelle circolari che parlano di valutazione delle performance organizzative. Queste devono infatti fare riferimento a risultati di carattere progettuale per evitare che gli obiettivi dichiarati come raggiunti non vengano percepiti come tali dai cittadini.
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Quali sono infine i vantaggi che la PA (centrale e locale) può ottenere da una corretta strategia di project management? Quali suggerimenti può dare in tal senso?

Il project management si focalizza sulla triangolazione tra tempi, costi e qualità di prestazioni, prodotto e livelli di erogazione di un servizio. Si tratta di tre aspetti che possono essere in contraddizione tra loro come tre lati di una coperta corta e stretta. Se si vogliono diminuire i costi non si può pensare di accorciare i tempi e migliorare la qualità. E se guardiamo al PNNR i finanziamenti impongono dei vincoli temporali da rispettare e ai quali in Italia non siamo abituati per cui è necessario compiere anche un salto di qualità su questo versante. Vari osservatori ci dicono che relativamente ai finanziamenti europei del ciclo ordinario 2014-2020 in Italia abbiamo concluso solo il 10% dei progetti mentre l’80% è in fase di completamento non meglio specificato. È chiaro che con il PNNR non ci si potrà trovare in tale situazione nel 2026 perché bisognerebbe restituire i finanziamenti, qualcosa non solo di inaccettabile ma di nemmeno ipotizzabile. E poiché questi progetti andranno in appalto, tutto il sistema Paese dovrà lavorare in modo coerente, non solo la PA centrale ma anche le realtà di quella locale, con queste ultime che sono di fatto i soggetti attuatori; e ancora, i fornitori a cui andrà l’appalto, che siano municipalizzate o aziende private, dovranno essere particolarmente attenti alle tempistiche.

Le ricerche sui tempi di realizzazione di un’appalto pubblico parlano di circa 5 anni che salgono a 10 anni in quelli più complessi, con il 40% del tempo impiegato in attività burocratiche amministrative che si potrebbero facilmente comprimere se presidiate adeguatamente. I margini di miglioramento sono in definitiva ampi e il project management può dare un grande aiuto in tal senso. Da segnalare infine che in base alla nostra esperienza di certificatori è cresciuto il numero di funzionari pubblici che partecipano agli esami. Ma non solo. Il project management è ormai entrato come materia anche nella prima fase selettiva dei concorsi visto che i suoi concetti sono presenti nei test di cultura generale.


Paolo Morati
Giornalista professionista, dal 1997 si occupa dell’evoluzione delle tecnologie ICT destinate al mondo delle imprese e di quei trend e sviluppi infrastrutturali e applicativi che impattano sulla trasformazione di modelli e processi di business, e sull’esperienza di utenti e clienti.

InnovazionePA è una iniziativa Soiel International, dal 1980 punto d’informazione e incontro per chi progetta, realizza e gestisce l’innovazione.
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