La chirurgia robotica

Con chirurgia robotica si definisce la pratica medica che permette ad un operatore di effettuare operazioni chirurgiche tramite un robot in grado di eseguire manovre comandate. Da oltre 20 anni il sistema robotico più diffuso al mondo è il da Vinci della americana Intuitive Surgical, arrivato alla quarta generazione, mentre ora si affacciano sperimentazioni di nuovi robot. Introduciamo l’argomento grazie alla disamina offerta su questa tecnologia dal sito urologiarobotica.it
26 Aprile 2021 |
Gianmarco Nebbiai

Per chirurgia robotica si intende l’ultima evoluzione della chirurgia mininvasiva, in cui il chirurgo non opera con le proprie mani ma manovrando un robot a distanza. Attraverso un sistema computerizzato il movimento delle mani viene istantaneamente trasmesso alle braccia robotiche alle quali vengono fissati i vari strumenti chirurgici sofisticati quali pinze, forbici e dissettori.

Un approccio tecnologicamente avanzato che porta innumerevoli benefici pre-intra-post operatori, sia per il paziente che dal punto di vista clinico.

La chirurgia robotica, rispetto alle tecniche tradizionali, permette un gesto chirurgico più preciso, minor sanguinamento, rischi di infezione post-operatoria più bassi, tempi di degenza e recupero inferiori.

Questa branca ha cominciato la sua accelerazione negli ultimi due decenni del XX secolo ma per il primo sistema di chirurgia robotica davvero utilizzabile in sala operatoria si è dovuto attendere il 1999, quando la Intuitive Surgical Inc., fondata in California nel 1995, introdusse sul mercato il primo sistema chirurgico robotizzato, denominato da Vinci.

L’anno seguente il sistema per la chirurgia robotica Robot da Vinci diventò il primo sistema approvato dall’FDA per la chirurgia generale. Subito dopo ne venne approvato l’utilizzo in chirurgia toracica, cardiaca, vascolare, urologica, ginecologica e otorinolaringoiatrica.


La Robotica in Italia

Il primo sistema robotico da Vinci (IS1200, detto Standard) fu introdotto sul mercato nel 1998 e in Italia nel 1999, distribuito da ab Medica, mentre nel 2006 è stato prodotto il sistema da Vinci S (IS2000). La versione da Vinci SI HD (IS3000) è stata introdotta sul mercato internazionale e nazionale nel 2009.

Nel 2014, Intuitive Surgical ha lanciato la quarta generazione del sistema robotico, il modello da Vinci XI HD (IS4000).

La prima applicazione chirurgica di una tecnologia robotica risale al 1985, in campo neurochirurgico, con la realizzazione di un dispositivo TAC guidato per l’esecuzione con precisione estrema di biopsie cerebrali, mentre il primo robot in campo urologico è stato sperimentato nel 1988. Il sistema, chiamato PROBOT, era stato progettato per ottimizzare l’intervento di resezione endoscopica di prostata (TURP) per il trattamento della Ipertrofia Prostatica Benigna. Veniva eseguita una ricostruzione tridimensionale della prostata, il chirurgo valutava l’estensione del tessuto da asportare e il robot calcolava le traiettorie di resezione.


Una tecnologia militare che salva le vite

L’evoluzione della moderna chirurgia robotica è però legata strettamente agli studi dell’ente aerospaziale americano (NASA) in associazione al ministero della difesa degli Stati Uniti. Pensato principalmente per scopi militari, il progetto iniziale era quello di consentire ad un chirurgo, lontano dal campo di azione, di operare per via teletrasmessa, in una sala operatoria prossima al campo di battaglia, trasmettendo i suoi movimenti ad un sistema di bracci meccanici che venivano replicati fedelmente.

Presto questi brevetti sperimentali vennero acquisiti da parte di due separate società private che li svilupparono autonomamente per la applicazione clinica. Oggi il Robot da Vinci XI è la piattaforma più evoluta per la chirurgia robotica mininvasiva.


Il robot da vicino

È costituito da tre componenti principali: console chirurgica; carrello paziente; carrello visione.

Il primo è il centro di controllo. Tramite la console chirurgica il medico controlla la fibra ottica e gli strumenti per mezzo di due manipolatori e di pedali.

Il secondo è il componente operativo del sistema e si compone di quattro braccia mobili e interscambiabili dedicate al supporto della fibra ottica e di strumenti da 5 mm a un massimo di 8 mm. Il carrello visione contiene l’unità centrale di elaborazione dell’immagine. L’esperienza operatoria è incentrata sul concetto di immersive intuitive interface. Il sistema robotico traduce i movimenti del chirurgo in modo intuitivo, consentendo un controllo completo della fibra ottica e dello strumentario. Inoltre permette una reale visione tridimensionale del campo operatorio perché il chirurgo viene letteralmente immerso, senza ausilio di occhiali o altre apparecchiature, così da valutare al meglio i piani di dissezione anatomici e “vivere” l’intervento chirurgico quasi dall’interno del corpo del paziente.

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Il sistema robotico consente una visione 3D con ingrandimento fino a 10 volte, assicurando una chiarezza e precisione dei dettagli nettamente superiore alla tecnica laparoscopica; elimina il tremore fisiologico delle mani del chirurgo o di movimenti involontari. Da Vinci possiede quattro bracci robotici, interscambiabili, montati su un’unica colonna.

Il macchinario è compatibile con le altre tecnologie normalmente presenti nelle sale operatorie di tutto il mondo. Il robot è dotato di un sistema di posizionamento tramite laser che permette di ottimizzare il posizionamento delle braccia in base al tipo di intervento selezionato e alla posizione dei trocar, per ridurre i tempi di preparazione e i tempi operatori. Da Vinci impiega strumenti con diametro da 8 mm a un massimo di 12 mm, chiamati Endowrist che consentono libertà di movimento su 7 assi (a differenza dei 4 gradi degli strumenti di laparoscopia convenzionale) e una rotazione di quasi 360°.

Tra gli altri punti di forza da Vinci consente una chirurgia multiquadrante, con la possibilità di intervenire su più complessi agendo su organi posizionati in diversi quadranti anatomici, senza la necessità di prevedere spostamenti del paziente o del robot. Inoltre il robot è dotato di una seconda console che permette a due chirurghi di collaborare durante la procedura, così da aumentare l’efficienza nella formazione e nella supervisione e ridurre la curva di apprendimento.

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Alla fine di Gennaio, per esempio, alle Molinette della Casa della Salute di Torino grazie alla chirurgia robotica è stato effettuato un intervento che ha consentito l’asportazione di un tumore maligno dal rene di una paziente sveglia. Si è trattato del primo intervento al mondo di questo genere.

L’intervento è stato svolto su una paziente di sessantadue anni che dopo l’asportazione di un polmone per un tumore si trovava a convivere con una massa al rene che continuava a crescere.

Il Professor Paolo Gontero, direttore della Clinica Urologica Universitaria dell'Ospedale Molinette

La situazione si è aggravata al punto da richiedere un intervento d’urgenza, la massa era ormai di cinque centimetri e crescendo ancora non sarebbe stato possibile rimuoverla salvando il rene, tuttavia per le sue condizioni respiratorie la paziente non sarebbe stata in grado di sostenere l’anestesia. Di fronte a questo rischio il Professor Paolo Gontero, direttore della Clinica Urologica Universitaria dell’Ospedale Molinette, ha ritenuto che l’unica soluzione accettabile fosse un intervento di chirurgia robotica. – Quando esaminai la documentazione, dissi subito alla paziente che il caso era oltremodo complesso poiché la chirurgia robotica, l’unica tecnologia che ci avrebbe permesso di asportare un tumore di quelle dimensioni in modo mini-invasivo salvando il rene, non era mai stata utilizzata in un paziente sveglio e pertanto non ero in grado di garantire la fattibilità dell’intervento–.

L’intervento è stato compiuto grazie al Robot da Vinci, il più conosciuto e utilizzato a livello mondiale, una scelta con delle incognite ma più sicura delle alternative, come ha spiegato Gontero – poiché non ritenevo sicuro dal punto di vista oncologico adottare la tecnica laparoscopica pura per il rischio di “diffondere” il tumore, trattandosi di una “massa a contenuto liquido” in una paziente che rischiava di muoversi durante l’intervento. Per contro, la chirurgia tradizionale a cielo aperto esponeva ad un rischio troppo alto di complicanze –.

Il problema maggiore nelle condizioni in cui i medici di Torino si sono trovati ad operare consisteva nella necessità di riuscire ad assicurare un livello di anestesia periferica che garantisse che il paziente non provasse dolore e non si muovesse pur rimanendo vigile. In caso contrario, i bracci di lavoro rigidi del sistema Da Vinci non avrebbero potuto operare in sicurezza. Il mancato raggiungimento di questi obiettivi avrebbe implicato pertanto la necessità di ricorrere ad una anestesia generale dalla quale la paziente avrebbe potuto non più risvegliarsi.

L’intervento è stato pianificato grazie all’attività di coordinamento effettuata dal dottor Roberto Balagna (Direttore dell’Anestesia Rianimazione ospedaliera dell’ospedale Molinette) e dal professor Luca Brazzi (Direttore dell’Anestesia Rianimazione universitaria Molinette).

Quando è entrata in sala operatoria erano lì ad attenderla gli anestesisti dottor Fabio Gobbi (dell’équipe di Balagna) e dottoressa Paola Rampa (dell’équipe di Brazzi).

Gobbi, con una tecnica innovativa, ha praticato un blocco anestetico spinale toracico continuo, rendendo così la paziente insensibile nella zona del rene. L’intervento chirurgico è stato condotto dal Professore Paolo Gontero (coadiuvato dai dottori Marco Oderda e Giorgio Calleris), mediante l’utilizzo di una tecnica retroperitoneoscopica con il robot da Vinci Xi e l’utilizzo di 4 bracci operativi. La paziente, vigile, ha potuto seguire le varie fasi dell’intervento che si è svolto in 2 ore di tempo robotico. Nonostante le dimensioni (che superavano i 5 cm) e la crescita in profondità della massa, grazie alla combinazione della tecnica robotica assistita con il sistema da Vinci e di tecnologie innovative di ricostruzioni tridimensionali delle immagini che hanno guidato l’intervento, il tumore maligno è stato asportato completamente salvando il rene.


La svolta grazie ai robot in sala operatoria

Il commento rilasciato ad InnovazionePA da Paolo Gontero, Professore Ordinario di Urologia, Università degli Studi di Torino e Direttore Clinica Urologica dell’Ospedale Molinette, sul perché abbia scelto di ricorrere alla chirurgia robotica in questo caso illustra bene la portata del cambiamento introdotto da questa tecnologia nel campo. – Quello che definiamo robot, in realtà, non è un apparato autonomo, è uno strumento estremamente abilitante nelle mani di un chirurgo che affina la performance dello specialista e consente di arrivare in punti anfrattuosi. Questo consente ai chirurghi di compiere movimenti fini con strumenti miniaturizzati pari a circa un quinto di una mano, con una visione tridimensionale magnificata di diverse volte. È chiaro che si presta moltissimo ad interventi dove occorre vedere molto bene e operare con movimenti fini e la scelta, rischiosa ma ponderata, di operare la paziente da sveglia andando oltre le raccomandazioni della casa costruttrice è stata presa perché c’era bisogno del livello di precisione che solo questo e strumento consente –, spiega Gontero – la chirurgia robotica ha rappresentato un grosso avanzamento sulla chirurgia tradizionale, è stato un vero passo in avanti e la conferma viene proprio dalla sua diffusione così rapida sia a livello mondiale che nazionale in questi ultimi venti anni malgrado i costi di questi strumenti siano ancora molto alti e i sistemi sanitari nazionali debbano fare degli sforzi per rimborsare questo tipo di chirurgia. Consideriamo che ogni apparato costa due milioni di euro e ogni intervento circa seimila euro di materiale monouso.

Dal punto di vista dei chirurghi tuttavia la pressione è forte; in un campo come l’urologia la svolta è stata epocale; malgrado il costo oggi per me sarebbe impensabile farne a meno per alcuni tipi di interventi. L’asportazione del tumore della prostata, per esempio, o alcuni tumori del rene complessi, non riuscirei a farli senza questo tipo di ausilio. In tutti i sistemi sanitari evoluti stanno facendo lo stesso ragionamento –. 

In Italia ci sono ormai centinaia di robot e il numero di procedure compiute cresce ogni anno in modo rapidissimo. Negli Stati Uniti per esempio un intervento come l’asportazione chirurgica della prostata per tumore, che è il secondo tumore maschile più frequente, è compiuto nel 95% dei casi in chirurgia robotica. 

I vantaggi sono enormi anche se non è semplice dimostrare in termini scientifici, oggettivi e generali la superiorità di questo metodo rispetto a quelli ‘tradizionali’ e ai costi che ancora comporta ma per certe specificità di intervento è ormai lo standard di riferimento.

– In effetti non è detto che il percepito sia facilmente traducibile in numeri e in differenze assolute e, infatti, gli studi non sempre mettono in evidenza delle differenze significative in termini di cura oncologica tra le diverse tecniche ma ci sono dei vantaggi indubbi: come il sanguinamento e la degenza ridotta. Ma se esistono questi limiti sulla casistica generale, nel caso specifico, quando occorre l’estrema precisione hai la sensazione netta di avere a disposizione la soluzione lo strumento migliore –.

Non inferiore è la portata del cambiamento in termini di formazione e assistenza allo specialista consentita dal supporto robotico grazie a possibilità come simulatori, collegamenti da remoto e doppie consolle di controllo. – Mentre la formazione tradizionale è sostanzialmente sul campo quella robotica, in particolare, si giova dei simulatori e questo fa sì che il chirurgo possa provare le manovre. Non solo, il robot ha doppia consolle con la possibilità di avere vicino un mentore in grado di assumere i comandi e intervenire in qualsiasi momento. Inoltre nelle sale operatorie oggi esiste la possibilità di trasferire via radio i segnali quindi volendo anche di intervenire da remoto. Queste potenzialità esistono anche con la chirurgia tradizionale ma è chiaro che è molto più complesso perché le telecamere che riprendono l’intervento tradizionale in alcuni passaggi sono al buio totale. Con chirurgia robotica tutto avviene a monitor e la possibilità di intervenire da remoto è concreta. 

In effetti sono tecnologie nate proprio per intervenire a distanza e in situazioni disagiate come i teatri di guerra anche se di fatto oggi questa non è la principale funzionalità del sistema.    

Malgrado esistano dei precedenti non si opera certo da remoto ma, per esempio, nella prima fase covid è capitato di avere colleghi costretti in casa per mesi perché non si negativizzavano i tamponi e grazie a questa soluzione hanno potuto pilotare gli interventi facendo da mentori –.


Ora al robot si affianca l’ologramma

Un altro recente primato registrato dall’incontro di Robotica e Realtà Virtuale come esempio di quella che viene chiamata chirurgia 4.0 è quello presentato a febbraio dall’UPMC Salvator Mundi International Hospital dove è stato realizzato il primo intervento di chirurgia ortopedica che ha unito la piattaforma robotica ad alta tecnologia Mako-Stryker con la realtà virtuale e gli ologrammi di Verima.

L’equipe chirurgica ha eseguito un intervento di protesi laterale monocompartimentale robotica sul ginocchio di una donna di 74 anni. Il robot chirurgico Mako ha permesso di progettare al computer il tipo di impianto poi utilizzato in sede operatoria, combinando i dati rilevati dalla Tac tridimensionale con le rilevazioni intraoperatorie effettuate con un sistema di telecamere ad infrarossi.

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Il chirurgo, che può anche eseguire una simulazione avanzata dell’intervento, dei risultati e degli eventuali rischi tenendo in considerazione la reale anatomia del paziente, riesce così a posizionare la protesi con precisione assoluta, risparmiando tessuto osseo e realizzando un perfetto bilanciamento legamentoso. Questa tecnica mini-invasiva riduce notevolmente il dolore e il recupero post-operatorio per il paziente.

La novità di questa esperienza è l’integrazione della tecnica robotica con Verima, un software di imaging sanitario, che attraverso speciali visori di Mixed e Virtual reality e dispositivi che supportano l’Augmented Reality consente di trasformare esami di tomografia computerizzata e risonanze magnetiche in ologrammi interattivi 3D. Il chirurgo può anche interagire con l’ologramma anatomico, che si può ruotare, spostare nello spazio e ingrandire, portarlo vicino al paziente durante l’operazione.

Secondo il Prof. Giovanni Vizzini, Chief Operating Officer e Direttore Medico-Scientifico di UPMC in Italia e Direttore Sanitario UPMC Salvator Mundi International Hospital l’innovazione tecnologica e soluzioni come la realtà virtuale aprono nuove prospettive in campo chirurgico ma non solo – applicata al settore medico e ospedaliero, ha grandi potenzialità. Tale tecnologia presenta, infatti, enormi vantaggi in termini di trasparenza nella comunicazione con il paziente, perché consente di comprendere in modo chiaro ed immediato, ciò che il medico farà durante l’intervento chirurgico e quale sarà il risultato tecnico post-intervento. Rappresenta un valido supporto affinché si instauri il giusto rapporto tra medico e paziente –.

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Il robot da Vinci al MUSME di Padova
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Da Vinci, così chiamato in onore degli studi sull’anatomia umana condotti da Leonardo e considerati alla base della progettazione del primo androide conosciuto nella storia della scienza, per un mese è diventato un’installazione per invitare a riflettere sul complesso rapporto tra uomo e macchina. Le sue caratteristiche tecniche lo rendono utilizzabile in vari settori, dall’urologia alla ginecologia, dalla chirurgia toracica alla chirurgia generale.

L’iniziativa è frutto della collaborazione tra Musme e ab medica, distributrice in Italia di questa tecnologia, nonché punto di riferimento per la robotica chirurgica. In una sala dedicata sono stati esposti specifici strumenti, tra i quali un porta aghi, varie tipologie di pinze chirurgiche, un braccio del primo robot da Vinci del 1999, uno stabilizzatore cardiaco, e alcuni libri.

In effetti, la robotica chirurgica ha ormai una sua storia e da Vinci ne rappresenta una tappa saliente.

L’allestimento è, infatti, pensato per raccontare l’evoluzione di questo sistema dal 1999, anno di progettazione del primo robot, al 2014, quando è stato realizzato l’ultimo modello (il da Vinci Xi), presentato al museo. All’interno di questo spazio, è stato possibile provare fisicamente il robot da Vinci Xi, sedendosi direttamente alla console operativa, dove il visitatore ha vestito i panni del chirurgo.

Una volta seduto alla console, il visitatore è letteralmente “immerso”, senza ausilio di occhiali o altre apparecchiature, all’interno di un monitor in 3d. Attraverso le proprie mani connesse a due manipolatori, che funzionano come due “joystick” in quello che sembra un video-game, e due pedali, può manovrare i bracci robotici e simulare i gesti del chirurgo. Lo schermo incorporato offre una visione con immagini in altissima qualità e la possibilità di effettuare zoom e ingrandimenti fino a 10 volte.

Erano possibili diversi tipi di test ed esperimenti in base alle diverse competenze del pubblico. Si passa dal livello più semplice e divertente per i bambini più piccoli, che consiste nell’inserire alcuni anelli in coni dello stesso colore, al livello più avanzato che sfida l’aspirante chirurgo a effettuare una sutura con un ago su una spugna, a quello ancora più complesso per i più esperti per realizzare una sutura direttamente sugli organi di un potenziale paziente.

Accanto alla console operativa, un monitor ha permesso agli altri visitatori presenti in sala di vedere ogni mossa dell’aspirante chirurgo e scoprire cosa succede all’interno di questo sistema.

L’evoluzione della moderna chirurgia robotica è legata agli studi della NASA, l’ente aerospaziale americano, in associazione con il Pentagono. Dalla sua introduzione in Italia, grazie ad ab medica, nel 1999, le procedure eseguite tramite robot sono in costante aumento: nel 2019, sono stati eseguiti 23.810 interventi di chirurgia robotica da Vinci. È l’urologia che continua a detenere il primato tra le specialità, seguita da chirurgia generale (16%), ginecologia (7%), chirurgia toracica (4%) e otorinolaringoiatria (2%).

In Veneto, l’attività clinica in chirurgia robotica inizia nel 2001. Dal 2001 al 2019 sono stati trattati con il sistema da Vinci circa 15.650 pazienti; di questi, il 21,5% è stato operato presso l’ospedale di Padova. Il Veneto dispone di quattordici sistemi da Vinci di ultima generazione, installati nei poli di maggiore interesse chirurgico. I professionisti dell’Ospedale di Padova hanno accesso a due piattaforme robotiche, dedicate a urologia, chirurgia toracica, chirurgia epatica, chirurgia generale e dei trapianti e otorinolaringoiatria.

Il sistema, eseguendo autonomamente oltre un milione di controlli di sicurezza al secondo, offre la massima affidabilità durante il funzionamento. Feedback audio video tengono informati chirurghi e personale medico in merito allo stato del sistema e allo stato di salute del paziente. Un ampio schermo touch-screen offre la possibilità di tracciare disegni a mano libera sulla proiezione del campo operatorio agevolando la comunicazione tra il personale di sala operatoria.


Gianmarco Nebbiai
Cofondatore e Direttore responsabile di Innovazione.PA. Giornalista e Comunicatore d’impresa, scrive di ICT e del suo impatto sulla società e l’economia dal 1995. Segue tutti i temi legati alla trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, all’innovazione dei processi e dei servizi a disposizione dei cittadini, con particolare attenzione all’innovazione sociale e al digital healt.

InnovazionePA è una iniziativa Soiel International, dal 1980 punto d’informazione e incontro per chi progetta, realizza e gestisce l’innovazione.
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