La PA di fronte all’Intelligenza Artificiale

Pubblicato il Piano triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 2024 -2026, la prima edizione con indicazioni sull’impiego dell’IA nella PA
11 Aprile 2024 |
Gianmarco Nebbiai

Febbraio ha visto la pubblicazione del Piano triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione  per il 2024 -2026. Tra le novità, le prime indicazioni sull’impiego dell’Intelligenza Artificiale nella PA, con best practice ed esempi, e una sezione che mette a disposizione strumenti operativi dai quali prendere esempio. L’Agenzia per l’Italia Digitale ha pubblicato il nuovo Piano Triennale come documento di programmazione strategica per la PA al termine di un’intensa attività di concertazione tra amministrazioni e soggetti istituzionali.

Il nuovo Piano è frutto di un confronto allargato con università, mondo della ricerca e mondo delle imprese; Al suo interno, le PA e le imprese interessate troveranno tutte le informazioni e le azioni da mettere in campo per concorrere allo sviluppo della maturità digitale del Paese nei prossimi tre anni.

Alessio Butti, Sottosegretario per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione sottolinea i tre aspetti chiave che il nuovo piano dovrà aiutare a raggiungere, in particolare maggiore efficacia amministrativa, miglioramento dei servizi pubblici, maggiore accessibilità per i cittadini: “Il nuovo Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione rappresenta un passo cruciale verso la trasformazione digitale del nostro Paese. È uno strumento strategico che guida l’evoluzione digitale della PA, definendo obiettivi chiari e risultati attesi, focalizzandosi sull’efficacia dell’azione amministrativa e garantendo che ogni aspetto della digitalizzazione sia orientato al miglioramento dei servizi pubblici e alla realizzazione di un sistema più efficiente e accessibile per tutti i cittadini”.

Le novità in sintesi

La nuova edizione del Piano si caratterizza per una maggiore attenzione agli aspetti di governance e per un approccio fortemente orientato ai servizi digitali, che devono essere interoperabili, sempre più facili da usare e più accessibili. In particolare, viene ampliata e attualizzata la strategia, tramite l’aggiornamento dei principi guida, vengono allineati i contenuti agli obiettivi e ai progetti del PNRR e viene posta maggiore attenzione al tema del monitoraggio, con la revisione degli indicatori, per renderli sempre più significativi rispetto al loro impatto. Inoltre, per la prima volta, il Piano affronta il tema dell’Intelligenza Artificiale, fornendo indicazioni e principi generali che dovranno essere adottati dalle amministrazioni e declinati in fase di applicazione, tenendo in considerazione lo scenario in rapida evoluzione. “Per diverse amministrazioni all’avanguardia, l’Intelligenza Artificiale è già una realtà” sottolinea, infatti, il Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale, Mario Nobile. “Nel nuovo Piano Triennale abbiamo voluto fare tesoro di queste esperienze, mettendole a disposizione delle altre 23mila, insieme a indicazioni e buone prassi da seguire”.

Infine, un’importante novità è l’introduzione di un’intera sezione che contiene strumenti operativi che le amministrazioni possono prendere a riferimento come modelli di supporto, esempi di buone pratiche o check-list per pianificare i propri interventi. La nuova edizione del Piano è disponibile sul sito dedicato Pianotriennale-ict.italia.it e sul sito istituzionale dell’Agenzia per l’Italia Digitale. Si tratta di un documento programmatico molto articolato e complesso, di cui ogni capitolo meriterebbe un dossier di approfondimento su questa rivista ma, per ora, ci limitiamo a vedere con maggiore dettaglio cosa prevede il Piano su tre aspetti di particolare attualità: la Governance del processo di trasformazione digitale, le risorse umane e le competenze e, sul piano tecnologico, l’intelligenza artificiale; i virgolettati riportati sono stralci del Piano stesso. La prima parte del Piano triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione è dedicata alle componenti strategiche per la trasformazione digitale, la seconda alle componenti tecnologiche. Elemento chiave sul piano strategico è la capacità di gestire il cambiamento a partire dalla visione dell’amministrazione digitale come parte di un Ecosistema.

Le amministrazioni pubbliche all’interno dell’Ecosistema digitale

“La trasformazione digitale richiede un processo integrato, finalizzato alla costruzione di ecosistemi digitali strutturati sostenuti da organizzazioni pubbliche semplificate, trasparenti, aperte, digitalizzate e con servizi di qualità, erogati in maniera proattiva per anticipare le esigenze del cittadino. Gli ecosistemi vengono quindi qui intesi con un significato diverso da quello usato in precedenti versioni del Piano triennale”.

Viene quindi proposto un approccio innovativo per gestire in modo sistematico e con una visione d’insieme tutti gli aspetti legati a organizzazione: processi, regole, dati e tecnologie. A tal fine viene posta l’enfasi sulla necessità di mettere a punto strumenti utili alla mappatura di tali aspetti e quella di favorire un grande rapporto di scambio e collaborazione per condividere buone pratiche, rendendo tutti gli operatori pubblici sviluppatori dell’innovazione amministrativa, attraverso la diffusione di una cultura amministrativa digitale. Il risultato dovrebbe portare al superamento dei silos tecnologici, burocratici e normativi ancora esistenti, rendendo ogni amministrazione un “ecosistema amministrativo digitale”, sostenuto da piattaforme organizzative e tecnologiche, ma aperto a quanto può essere generato dallo scambio di valore con i cittadini, le imprese, le altre amministrazioni pubbliche. Questo cambiamento avrà bisogno dello sviluppo di “processi digitali collettivi” basati su e-service: interfacce API che scambiano dati in maniera automatica e interoperabile tra amministrazioni. In questo sistema connesso sarà possibile attuare il principio once-only nel quale ogni singola amministrazione genera le informazioni utili all’ecosistema nel rispetto di un criterio comune di correttezza amministrativa, trasparenza, apertura, sicurezza informatica e protezione dei dati personali. Si tratta di una visione che risponde a quel principio di “Governo come Piattaforma” riportato nella Comunicazione EU (2021)118 sulla Bussola Digitale 2030, per il quale l’ecosistema non è un elemento esterno all’ente, ma è qualcosa di cui l’ente pubblico si sente parte perché gli consente di abilitare servizi migliori. Due saranno, quindi, i punti cardine da sviluppare su questo fronte. In primo luogo occorrerà: “definire un processo integrato finalizzato alla costruzione di ecosistemi digitali strutturati sostenuti da organizzazioni pubbliche semplificate, trasparenti, aperte, digitalizzate e con servizi di qualità erogati e definire schemi organizzativi per il raccordo tra Ufficio del RTD (Responsabile per la transizione al digitale) e il resto dell’organizzazione pubblica in cui lo stesso ufficio è inserito”. In secondo luogo, occorrerà, come già detto, dotarsi di strumenti adatti: “definire uno strumento agile per la catalogazione dei macro-processi delle singole organizzazioni pubbliche e per la mappatura tra questi processi, i servizi erogati e i sottostanti servizi digitali applicativi che li sostengono”. Una visione così aperta e collaborativa della PA ha bisogno di persone disposte a collaborare. Per questo viene data una grande rilevanza all’interlocuzione con il territorio e al ruolo di coordinamento e raccordo affidato ai responsabili per la transizione al digitale. Il Piano sottolinea l’importanza del lavoro di scambio e degli accordi conclusi dal Dipartimento per la trasformazione digitale con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani e l’Unione delle Province Italiane. Allo stesso modo sottolinea come sarà ugualmente importante sviluppare lo scambio tra pubblico e privato per la crescita di un sistema Paese più innovativo. Per superare le asimmetrie tipiche dei nostri percorsi di digitalizzazione alcune amministrazioni dovranno svolgere il ruolo di Hub nazionali o regionali che consentano agli Enti Locali il raggiungimento armonico dei necessari livelli di servizio. In questo modo gli Enti Locali potranno interfacciarsi direttamente con le amministrazioni capofila, attraverso spazi di interoperabilità per definire processi digitali integrati a supporto dei servizi erogati ai cittadini. In alternativa, le amministrazioni capofila potranno agevolare i bisogni ed il raggiungimento degli obiettivi dei singoli enti locali attraverso la condivisione dei processi. In altre parole, gli Enti Locali con minori capacità potranno delegare le amministrazioni capofila, le quali gestiranno in parte o in toto i processi per conto loro, con conseguente risparmio di risorse.

Il ruolo del Responsabile dell’Ufficio per la Transizione

Veniamo al ruolo del Responsabile per la trasformazione digitale che dovrebbe governare e facilitare questa profonda interconnessione sia sul piano organizzativo che tecnologico. Secondo quanto riporta il Piano a novembre 2023 mancano all’appello ancora oltre 2400 Responsabili nelle amministrazioni pubbliche e negli enti pubblici interessati a tale obbligo di nomina. Sono in maggiore difficoltà le amministrazioni comunali e in particolare quelle di piccole dimensioni che stentano a trovare profili con le adeguate competenze specialistiche. Il piano mette in risalto e propone come modello la scelta fatta da diverse amministrazioni locali che hanno optato per la possibilità di mettere a fattor comune le proprie esigenze procedendo alla nomina del RTD e alla costituzione dell’Ufficio per la transizione digitale (UTD) in forma associata, come previsto dal comma 1-septies dell’art. 17 del CAD. Il Codice offre, infatti, questa leva alle amministrazioni che possono mettere a fattor comune risorse e competenze per raggiungere gli obiettivi di trasformazione digitale. La collaborazione è vista come un elemento fondamentale per la crescita digitale e, su questo solco, AGID ricorda la possibilità di utilizzare la piattaforma di community ReTeDigitale dedicata ai Responsabili della transizione e ai loro collaboratori, alle comunità digitali tematiche e territoriali al suo interno come spazio laboratoriale e di supporto. In effetti stiamo già parlando di sviluppare le competenze tecnologiche necessarie.

Il problema delle Competenze nel Paese

Vediamo cosa propone il capitolo del Piano dedicato a questa aspetto. La sfida delle competenze digitali va affrontata ben oltre i confini degli uffici per la transizione digitale. Il documento, infatti, illustra in modo diffuso la necessità e le linee di azione in corso per ampliare il livello delle competenze all’interno dell’intera Pubblica Amministrazione e più in generale nel Paese. Il Piano triennale per l’informatica nella PA richiama quanto previsto dalla “Strategia nazionale per le competenze digitali” con un Piano operativo di attuazione, verificato e aggiornato sulla base di un ciclo annuale di monitoraggio, nell’ambito dell’iniziativa strategica nazionale “Repubblica Digitale”. La maggior parte delle azioni presenti nel Piano operativo è finanziata e inclusa nel PNRR. Per quanto riguarda i cittadini, nel 2023 sono state avviate le attività correlate all’investimento 1.7 del PNRR, “Competenze digitali di base”, per ridurre la quota di cittadini a rischio di esclusione digitale attraverso il potenziamento della Rete dei Centri di facilitazione digitale. Questa iniziativa dovrebbe portare all’apertura sul territorio di 3.000 Punti Digitale Facile entro il 2024, e, attraverso questi, sarà possibile migliorare le competenze digitali di base di 2 milioni di cittadini entro il 2026. Inoltre, il programma prevede la creazione di una rete di giovani volontari per lo sviluppo e il miglioramento delle competenze digitali per realizzare 700.000 interventi di sostegno digitale.

Gli specialisti ICT e le nuove professionalità

Sul gap di competenze specialistiche ICT la Strategia nazionale per le competenze digitali punta sulla collaborazione più stretta con l’università con azioni di incentivazione che tengano conto anche della necessità di favorire la partecipazione femminile ai corsi di laurea tecnologici. Non solo il Piano evidenzia come le iniziative rivolte all’incremento degli specialisti ICT nelle imprese e nelle amministrazioni possa dare una risposta in termini di impatto sociale, creando opportunità di impiego, anche per categorie di persone a forte rischio di esclusione. Non si tratta soltanto di formazione universitaria, in linea con quanto proposto da diverse associazioni di categoria dovranno essere percorse misure di potenziamento dei Licei Scientifici e gli ITIS con indirizzo tecnologico aumentando il numero di classi del 50% rispetto all’attuale programmazione. Per lo stesso scopo viene posto l’accento sullo sviluppo e l’aumento del numero degli Istituti Tecnologici Superiori (ITS). Rispetto alle esigenze delle amministrazioni locali, le imprese e Agid auspicano lo sviluppo di una rete di formazione territoriale nella quale le micro e le piccole imprese digitali locali, che costituiscono oltre il 90% delle imprese ICT italiane, possano creare una rete di piccoli fornitori qualificati cui fare riferimento. Il reclutamento di figure specialistiche nella pubblica amministrazione deve però confrontarsi realisticamente con il tema delle risorse economiche disponibili e della loro retribuzione. A questo scopo occorrerà definire meglio quale sia la “famiglia professionale” cui possano fare riferimento gli specialisti ICT all’interno della Pubblica Amministrazione, precisando in modo idoneo il loro corretto inquadramento all’interno del CCNL e i percorsi di carriera possibili.

L’intelligenza artificiale nella PA

Il Piano, per la prima volta, si sofferma sullo stato dell’arte e sui possibili sviluppi dell’IA nei servizi della Pubblica Amministrazione. A questi strumenti viene riconosciuto un potenziale estremamente rilevante per la modernizzazione dei servizi. Tra i principali punti di forza in questa fase viene segnalata: la possibilità di automatizzare attività semplici e ripetitive, recuperando risorse per attività più rilevanti; aumentare capacità predittive per introdurre processi decisionali data driven; mirare a una personalizzazione dei servizi incentrata sull’utente. Ancora una volta il Piano italiano si inserisce nel tracciato delineato dall’Unione Europea sin dal 2021 che punta a divenire leader strategico nell’impiego dell’intelligenza artificiale nel settore pubblico. Nel 2023 la Commissione Europea ha adottato la Decisione C(2023)3215 – Standardisation request M/5932 affidando agli Enti di normazione europei CEN e CENELEC la redazione di norme tecniche europee conformi con i principi dell’AI Act che entrerà in vigore nei prossimi mesi. Su queste basi sono partite le misure previste dal PNRR per il finanziamento sia della ricerca sia per lo sviluppo di piattaforme di IA per i servizi della Pubblica Amministrazione.

Il Piano cita le esperienze sinora realizzate nella pubblica amministrazione tra cui quella dell’Agenzia delle entrate, che utilizza algoritmi di machine learning per analizzare schemi e comportamenti sospetti, INPS che ha avviato la sperimentazione di chatbot per semplificare e personalizzare l’interazione con l’utente; ISTAT che utilizza foundation models (sistemi complessi in grado di svolgere compiti specifici) per generare ontologie a partire dalla descrizione in linguaggio naturale. Il Piano triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione illustra dunque un preciso decalogo di principi dei quali le amministrazioni dovranno tenere conto per lo sviluppo di servizi basati sulla IA.

1. Miglioramento dei servizi e riduzione dei costi. Le pubbliche amministrazioni concentrano l’investimento in tecnologie di intelligenza artificiale nell’automazione dei compiti ripetitivi connessi ai servizi istituzionali obbligatori e al funzionamento dell’apparato amministrativo. Il conseguente recupero di risorse è destinato al miglioramento della qualità dei servizi anche mediante meccanismi di proattività.

2. Analisi del rischio. Le amministrazioni pubbliche analizzano i rischi associati all’impiego di sistemi di intelligenza artificiale per assicurare che tali sistemi non provochino violazioni dei diritti fondamentali della persona o altri danni rilevanti. Le pubbliche amministrazioni adottano la classificazione dei sistemi di IA secondo le categorie di rischio definite dall’AI Act.

3. Trasparenza, responsabilità e informazione. Le pubbliche amministrazioni pongono particolare attenzione alla trasparenza e alla interpretabilità dei modelli di intelligenza artificiale al fine di garantire la responsabilità e rendere conto delle decisioni adottate con il supporto di tecnologie di intelligenza artificiale. Le amministrazioni pubbliche forniscono informazioni adeguate agli utenti al fine di consentire loro di prendere decisioni informate riguardo all’utilizzo dei servizi che sfruttano l’intelligenza artificiale.

4. Inclusività e accessibilità. Le pubbliche amministrazioni sono consapevoli delle responsabilità e delle implicazioni etiche associate all’uso delle tecnologie di intelligenza artificiale. Le pubbliche amministrazioni assicurano che le tecnologie utilizzate rispettino i principi di equità, trasparenza e non discriminazione.

5. Privacy e sicurezza. Le pubbliche amministrazioni adottano elevati standard di sicurezza e protezione della privacy per garantire che i dati dei cittadini siano gestiti in modo sicuro e responsabile. In particolare, le amministrazioni garantiscono la conformità dei propri sistemi di IA con la normativa vigente in materia di protezione dei dati personali e di sicurezza cibernetica.

6. Formazione e sviluppo delle competenze. Le pubbliche amministrazioni investono nella formazione e nello sviluppo delle competenze necessarie per gestire e applicare l’intelligenza artificiale in modo efficace nell’ambito dei servizi pubblici. A tale proposito si faccia riferimento agli obiettivi individuati nel Capitolo 1.

7. Standardizzazione. Le pubbliche amministrazioni tengono in considerazione, durante le fasi di sviluppo o acquisizione di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale, le attività di normazione tecnica in corso a livello internazionale e a livello europeo da CEN e CENELEC con particolare riferimento ai requisiti definiti dall’AI Act.

8. Sostenibilità. Le pubbliche amministrazioni valutano attentamente gli impatti ambientali ed energetici legati all’adozione di tecnologie di intelligenza artificiale e adottando soluzioni sostenibili dal punto di vista ambientale.

9. Foundation Models. Le pubbliche amministrazioni, prima di adottare foundation models “ad alto impatto”, si assicurano che essi adottino adeguate misure di trasparenza che chiariscono l’attribuzione delle responsabilità e dei ruoli, in particolare dei fornitori e degli utenti del sistema di IA.

10. Dati. Le pubbliche amministrazioni, che acquistano servizi di intelligenza artificiale tramite API, valutano con attenzione le modalità e le condizioni con le quali il fornitore del servizio gestisce di dati forniti dall’amministrazione con particolare riferimento alla proprietà dei dati e alla conformità con la normativa vigente in materia di protezione dei dati e privacy”.

La qualità dei Dati per l’intelligenza artificiale

Chiude il capitolo una riflessione sulla disponibilità di dati di alta qualità necessari a sviluppare servizi funzionali e rispettosi delle esigenze delle amministrazioni e dei cittadini. Su questo aspetto l’AI Act pone particolari vincoli sia ai fornitori tecnologici che a chi rilascia servizi. Per questo, tenuto conto della particolare frammentazione e disomogeneità del patrimonio informativo nelle amministrazioni, Agid sostiene che sarà necessario pensare allo sviluppo di soluzioni nazionali basate sull’IA. Riguardo alla diffusione dei foundation models nella PA, in particolare, servirà la creazione di dataset di elevata qualità, “rappresentativi della realtà della Pubblica Amministrazione, con particolare riguardo al corpus normativo nazionale e comunitario, ai procedimenti amministrativi e alla struttura organizzativa della Pubblica Amministrazione italiana stessa”.


Gianmarco Nebbiai
Cofondatore e Direttore responsabile di Innovazione.PA. Giornalista e Comunicatore d’impresa, scrive di ICT e del suo impatto sulla società e l’economia dal 1995. Segue tutti i temi legati alla trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, all’innovazione dei processi e dei servizi a disposizione dei cittadini, con particolare attenzione all’innovazione sociale e al digital healt.

InnovazionePA è una iniziativa Soiel International, dal 1980 punto d’informazione e incontro per chi progetta, realizza e gestisce l’innovazione.
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