L’Europa alla ricerca dell’indipendenza tecnologica

L’Open Source può essere la chiave della competitività dei Paesi UE. Dalla Commissione arriva uno studio approfondito che mette a fuoco le potenzialità del settore per incrementare crescita economica, maggiore competitività, innovazione e creazione di posti di lavoro
12 Ottobre 2021 |
Gianmarco Nebbiai

L’Open Source certamente non è più da decenni un settore di nicchia, al contrario, la sua presenza è centrale in tutti gli ambiti chiave della nostra società digitale. L’open source è presente ovunque. Sono Open source le soluzioni più importanti alla base del cloud e degli strumenti professionali per i big data e per la gestione delle informazioni e della conoscenza.

“È nei supercomputer, nella blockchain, nell’Internet delle cose e nell’intelligenza artificiale. È in Internet. È nei nostri telefoni e nelle nostre TV. Ci fornisce lo streaming multimediale. È nelle nostre auto. Gestisce il controllo del traffico aereo europeo. È probabile che, in qualsiasi nuovo progetto che coinvolga software, dagli elettrodomestici da cucina, ai servizi pubblici basati sul web fino a strumenti industriali altamente specializzati, la maggior parte del codice sarà basato su open source”. Sono queste le considerazioni con le quali si apre la Strategia Europea sull’Open Source 2020-2023 che in una vision riassunta in Think Open che manifesta l’obiettivo della Commissione Europea di riuscire a sfruttare pienamente all’interno dell’istituzione europea il potere trasformativo, innovativo e collaborativo dell’open source, incoraggiando la condivisione e il riutilizzo di soluzioni software, conoscenze e competenze, per fornire servizi europei migliori che arricchiscono la società e si concentrano sulla riduzione dei costi. Ma quanto vale l’ecosistema europeo Open Source? Chi sono gli attori chiave in questo settore nei paesi del vecchio continente?

In realtà, valutazioni di tipo economico di ampio respiro sull’Open Source europeo hanno segnato a lungo il passo, risalendo al 2006 quando la rivoluzione dell’Open Source non aveva ancora conquistato il mondo.

Adesso la pubblicazione dello studio “L’impatto del software e dell’hardware open source sull’indipendenza tecnologica, la competitività e l’innovazione nell’economia dell’UE” colma questo vuoto fornendo una disamina delle realtà economiche che operano nell’ambito dell’open source in Europa, sul valore che generano (aggiornato almeno al 2018) e quello che potrebbero generare, sulle politiche in essere nei diversi paesi europei e quelle potrebbero favorire lo sviluppo competitivo in un’area strategica di cui si gioverebbero tutti i paesi europei.
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L’ecosistema open source

Lo studio è stato commissionato dalla DG CONNECT della Commissione europea per analizzare l’impatto economico del software e dell’hardware open source sull’economia europea ed è stato condotto da Fraunhofer ISI e Open Forum Europe.

Esso fornisce un quadro completo dell’impiego commerciale attuale, dei costi e dei benefici del software Open Source (OSS) e degli sforzi politici globali per utilizzare e amplificare i vantaggi dell’utilizzo dell’open source.

La ricerca mette quindi a fuoco quali siano le possibilità che si aprono all’Unione europea per raggiungere obiettivi chiave come crescita economica, maggiore competitività, innovazione e creazione di posti di lavoro attraverso l’uso, la promozione e il sostegno dei Software open source (OSS) e di un ambito ancora di nicchia ma con grandi prospettive come l’Hardware open source (OSH).

La ricerca, molto articolata, si basa su una disamina approfondita della letteratura esistente, la valutazione di diversi casi di studio, analisi statistiche e un sondaggio dettagliato tra un campione rappresentativo di aziende e sviluppatori.

Dallo studio per esempio emerge che gli sviluppatori OSS dell’UE sono rappresentati in gran parte da sviluppatori indipendenti, accademici, personale della pubblica amministrazione e dipendenti che contribuiscono in modo significativo all’ecosistema OSS globale.

Nell’UE, sono i dipendenti delle piccole e piccolissime imprese che hanno maggiori probabilità di contribuire con i propri commit allo sviluppo dei codici. Al contrario, negli Stati Uniti i commit vengono forniti per lo più da grandi aziende ICT, che basano con successo i propri modelli di business sul grande patrimonio di codice OSS disponibile gratuitamente e in continuo miglioramento.

A quanto risulta ai ricercatori, le imprese con sedi nella UE nel 2018 hanno investito sull’open source circa 1 miliardo di euro.
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Un grande apporto al PIL

L’analisi delle serie temporali econometriche dei dati sul PIL degli Stati membri dell’UE indica che nel 2018, in tutti gli Stati membri, l’impatto economico dell’OSS è stato compreso tra 65 e 95 miliardi di euro.

L’apporto del settore al PIL europeo, quindi, è già significativo ma oggi, con un incremento del 10% degli investimenti, sarebbe lecito attendersi un aumento del PIL che oscillerebbe tra lo 0,4% e lo 0,6% annuo. Un aumento del 10%, inoltre, sarebbe in grado di stimolare lo sviluppo di almeno 600 nuove start-up ICT all’anno.

La sezione dedicata all’analisi dei casi di studio si è focalizzata sull’impiego di OSS in ambito pubblico confermando che questa è la strada giusta per ridurre il TCO, ma soprattutto ridurre o prevenire il vendor lock-in.

Nel complesso, i vantaggi dell’Open Source superano di gran lunga i costi ad esso associati. Questi vantaggi riguardano principalmente l’impiego di standard, l’indipendenza e il risparmio sul costo del lavoro piuttosto che la generazione di entrate aggiuntive.

Nello spazio UE i singoli contributori ai progetti open source sono stati almeno 260.000, pari all’8% dei quasi 3,1 milioni di addetti UE nel settore della programmazione informatica.

In totale, gli oltre 30 milioni di commit nel 2018 provenienti dagli Stati membri dell’UE rappresentano un investimento di forza lavoro, stimato su impiegati full time, pari a quasi 1 miliardo di euro; i risultati di questo investimento sono utilizzabili da tutti e quindi non devono essere sviluppati nuovamente da altri.

I dati indicano, inoltre, che più piccola è l’azienda, maggiore è l’investimento relativo in OSS. In effetti, secondo quanto emerge dalla ricerca relativamente al campione delle aziende più attive in ambito open source, le aziende con 50 o meno dipendenti hanno realizzato quasi la metà dei commit.
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Non solo imprese IT

È interessante notare come l’impegno nello sviluppo dei progetti open source vada oltre le aziende informatiche. Infatti, sebbene oltre il 50% dei contributori provenga dal settore delle ICT, è ormai frequente un forte coinvolgimento di aziende di servizi professionali, scientifiche e tecniche e, in misura minore, di grossisti, rivenditori al dettaglio e società finanziarie.

Su base cumulativa, lo studio stima che il contributo dell’OSS al PIL dell’UE e i contributi forniti dai professionisti UE all’OSS abbiano prodotto un rapporto costi-benefici di poco superiore a 1:10.

Anche dopo aver preso in considerazione l’hardware e altri costi di capitale dei 260.000 contributori dell’UE allo sviluppo dei software open source, il rapporto costi-benefici è ancora leggermente superiore a 1:4.

La ricerca ha raccolto informazioni da più di 900 aziende e sviluppatori.

Quasi il 25% degli intervistati proviene da società di sviluppo software e un altro 10% è rappresentato da singoli sviluppatori. Circa il 40% delle aziende intervistate produce componenti, beni finali o servizi, oppure è provider di piattaforme, system integrator o operatore di rete. Le start-up risultavano fortemente rappresentate. Tra gli intervistati, le microimprese, comprese le start-up, apportano contributi e investimenti sproporzionatamente significativi al settore OSS, sia in termini assoluti che relativi alle loro dimensioni. Diverse piccole e micro imprese hanno riferito che più della metà dei loro ricavi era attribuibile all’OSS, e in particolare ai servizi correlati.

Gli intervistati (e in particolare quelli che rappresentavano piccole e micro imprese) hanno anche dichiarato un’alta percentuale di spese legate all’innovazione. Quasi nel 50% dei casi i loro contributi nell’open source sono stati legati allo sviluppo di prodotti interni mentre nel 40% dei casi alla crescita di software open source già esistente. I partecipanti alla rilevazione hanno raramente depositato brevetti in relazione ai loro contributi al codice pubblico, ma hanno trovato modi alternativi per proteggere la loro proprietà intellettuale.
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Le opportunità

Le motivazioni più frequenti che spingono le imprese europee a partecipare a progetti legati a software open source, in ordine di priorità, sono: la possibilità di trovare soluzioni tecniche, di evitare il lock-in del fornitore, di portare avanti lo stato dell’arte della tecnologia, di sviluppare codice di alta qualità, di ottenere risultati in ricerca e sviluppo e di creare di conoscenza.

Uno dei principali fattori di coinvolgimento continua ad essere la convinzione personale dei singoli partecipanti nel valore di questo tipo di modello di sviluppo collaborativo.

L’accesso a nuovi mercati o a nuovi possibili clienti, attraverso la partecipazione a progetti OSS, invece, non sembra rappresentare un incentivo significativo. Al contrario, la possibile riduzione dei costi è una motivazione importante, da raggiungere attraverso la riduzione degli sforzi di manutenzione interna, l’accesso al codice royalty-free e l’aumento dei ritorni sugli investimenti in ricerca e sviluppo.

Tra le opportunità che molti intervistati hanno segnalato, trovano spazio anche la creazione di reti, lo sviluppo di risorse aperte come le libraries di uso comune e il miglioramento della reputazione.

Ma quali sono i principali vantaggi per quanti utilizzano l’OSS e contribuiscono allo sviluppo dei codici? Secondo la maggior parte degli operatori sondati, essi risiedono negli standard aperti e nell’interoperabilità, con benefici indiretti e derivanti da esternalità di rete piuttosto che da entrate dirette.
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Hardware Open Source

Lo studio voluto dalla Commissione è entrato poi nel merito del terreno, sinora poco esplorato, dell’Hardware open source. Essendo un ambito emergente, sono stati condotti cinque casi di studio sullo sviluppo di comunità di software e hardware open source (OSSH), che possono abbassare le barriere alla partecipazione, consentire la sperimentazione e contribuire a sviluppo di standard di fatto.

Le fondazioni, spesso finanziate da grandi imprese IT, in per questo tipo di iniziative sono un motore significativo e forniscono una serie di servizi importanti, come la standardizzazione, il trasferimento di conoscenze e la gestione dei progetti. Le aziende partecipano alle fondazioni per impegnarsi più a fondo con la comunità OSSH, non solo come consumatori di tecnologia ma anche come contributori e amministratori. Da notare che diversi progetti OSS e OSH, alcuni portati avanti grazie a finanziamenti pubblici, hanno sede nell’UE ma la partecipazione non è limitata a individui o aziende europee.

La partecipazione a questo tipo di progetti, infatti, è spesso correlata alle dimensioni dell’azienda e quindi molte aziende partecipanti hanno sede negli Stati Uniti e utilizzano soluzioni open source per i loro modelli di business basati su piattaforma. Pertanto, è difficile distinguere chiaramente i progetti OSS o OSH europei. Nella maggior parte dei casi è anche troppo presto per valutare i vantaggi, poiché questo settore è ancora meno maturo. Tuttavia, i casi presi in esame hanno rivelato che entrambi gli ecosistemi OSS e OSH sono altamente ed efficacemente integrati con alcune sovrapposizioni, ad esempio il supporto software per la OSH.
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Politiche a confronto

Lo studio ha esaminato anche la portata, l’efficacia e l’impatto delle politiche del settore pubblico e privato dei governi relative all’OSS in un certo numero di Stati membri dell’UE (Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna) e in altri paesi, in Europa (Regno Unito), in America (Stati Uniti e Brasile) e in Asia (Cina, Giappone, India e Corea del Sud). Il confronto ha rivelato differenze significative di portata e scopo tra le aree geografiche. In generale però la creazione e l’attuazione di politiche OSS e OSH efficaci rimane complicata.

Tra i tratti che accomunano le politiche del settore pubblico c’è l’obiettivo di migliorare la competenza in materia di Open Source e di ottimizzare i risultati all’interno del settore pubblico, favorendo il ricorso all’OSS rispetto al software proprietario negli appalti pubblici. Tali politiche hanno diversi ambiti, meccanismi di attuazione e livelli di prescrittività, che vanno dalle leggi vincolanti alle semplici norme.

Le politiche rivolte al settore privato, invece, sono più varie. Alcuni governi impongono o influenzano la politica industriale per produrre innovazione attraverso l’OSS, mentre altri lavorano con le università per promuovere la formazione e lo sviluppo di OSS, o sostengono direttamente la creazione, o il supporto, di comunità OSS.

In generale, le politiche governative in Europa e in America si concentrano sul settore pubblico, mentre in Asia tendono a concentrarsi sul settore privato. La maggior parte degli Stati membri dell’UE e di altri paesi europei intervistati ha delle precise politiche sull’OS a livello nazionale che, nella maggior parte dei casi, comprende gli appalti pubblici.
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La mancanza di politica industriale

Nel complesso, lo studio ha rilevato che le politiche OSS in ambito pubblico spesso non hanno avuto successo. Le uniche implementazioni veramente convincenti si sono verificate dove l’Open Source è diventato una componente fondamentale del passaggio ai servizi digitali della PA radicandosi, quindi, nella cultura digitale dell’amministrazione.

Così come accaduto a lungo in Italia, anche le leggi che prevedono lo sviluppo e il riutilizzo degli OSS all’interno del settore pubblico non hanno avuto generalmente un impatto rilevante, spesso a causa dell’assenza di linee guida concrete per l’attuazione.

Nei paesi che oggi hanno un settore privato particolarmente dinamico nel mercato del software come Corea del Sud e Cina, l’Open Source ha svolto un ruolo importante nella politica industriale. I governi europei, invece, hanno adottato in gran parte un approccio più liberale e oggi, l’UE si trova nella condizione di dover recuperare terreno.
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Una nicchia da seguire con attenzione

Per quanto riguarda l’Hardware open source, ci sono differenze significative con l’OSS, perché il mercato potenziale per le soluzioni OSS è molto più ampio rispetto a quello dell’HOS, il finanziamento delle start-up che puntano sul software può spesso essere meno costoso rispetto a quelle basate sull’Hardware e, per avviare attività nella nicchia dell’HOS, è necessario un grado maggiore di sofisticatezza gestionale.

Peraltro resta da vedere se l’industria troverà un approccio open all’hardware tanto attraente quanto lo è stato nel caso del software. Il ritorno sull’investimento dei fondi pubblici rispetto all’OSH è quindi sia più speculativo che probabilmente più limitato di quanto sarebbe nel caso dell’OSS. Tuttavia, secondo la ricerca, le prospettive europee appaiono buone. Le tendenze isolazioniste e le lotte commerciali di questi anni hanno spostato verso l’Europa l’attenzione delle organizzazioni e delle fondazioni che si occupano di progetti open source rilevanti che qui trovano un terreno storicamente votato ad una maggiore apertura e neutralità.

Un contributo particolarmente interessante è quello che gli autori ricavano dallo studio per fornire delle raccomandazioni per i decisori politici europei in relazione alla possibilità di fare del Software e dell’Hardware open source un veicolo di autonomia digitale e sovranità tecnologica europea.
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Creare la rete

Un primo blocco di raccomandazioni è rivolto all’obiettivo di creare in ambito europeo un’amministrazione pubblica digitalmente autonoma.

A questo scopo sarebbe utile creare una rete finanziata dalla Commissione Europea di enti (Open source project office) destinati a supportare e accelerare il consumo, la creazione e l’applicazione di tecnologie aperte. Inoltre occorre integrare l’OSS e le sue comunità non solo nelle politiche europee di ricerca e innovazione, ma anche nei frameworks politici generali, come il Green Deal europeo e la strategia industriale europea.

L’impegno con le fondazioni OSSH nei programmi di ricerca e innovazione può offrire un approccio adeguato per gestire finanziamenti e sostegno. Quando si legifera sull’Open Source i governi dovrebbero fare riferimento alla Open Source Definition dell’Open Source Initiative.
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Investire in conoscenza

Non meno importante sarà la capacità di continuare a misurare e comprendere la portata del fenomeno e dei sui cambiamenti. In questo senso la ricerca raccomanda di integrare l’Open Source nelle attività di raccolta dati di Eurostat e nelle attività di benchmarking dell’UE. Un altro aspetto fondamentale è quello dell’investimento in conoscenza. Occorrono maggiori finanziamenti in R&S relativi a progetti OSS e OSH da realizzare attraverso programmi esistenti, come Horizon Europe, e nuove iniziative, mirate sulle esigenze di PMI, microimprese, start-up e singoli sviluppatori. Questa conoscenza deve poi essere diffusa e per questo sarebbe importante fornire forti incentivi per il caricamento del codice generato in progetti di ricerca e sviluppo finanziati con fondi pubblici in archivi OSSH con sede nell’UE accessibili al pubblico. A questo scopo serve anche supportare lo sviluppo e la manutenzione di piattaforme e depositi comuni, nonché di reti ospitate nell’UE magari partendo dall’ampliamento del mandato dell’attuale Osservatorio Open Source.
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Puntare sull’Istruzione

Non si può parlare di conoscenza senza parlare anche di istruzione e formazione.

Occorre puntare sulla scuola. Infatti per gli autori della ricerca, gli istituti di istruzione superiore degli Stati membri dovrebbero fornire competenze imprenditoriali che facilitino le start-up basate sull’OSSH, ad esempio nei vari programmi di master sull’imprenditorialità, nonché negli studi sull’ICT.

Allo stesso modo sarebbe opportuno sostenere le fondazioni OSS e OSH fornendo supporto finanziario per programmi di formazione e per le loro collaborazioni con le aziende, in particolare PMI e start-up. Per quanto riguarda lo sviluppo di un adeguato capitale umano: OSS e OSH andranno inseriti come argomenti nel Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF). Le tematiche legate all’Open Source (sviluppo, modelli di business e licenze) andrebbero inserite nei programmi di istruzione superiore.

Inoltre andrebbe sviluppato un sistema di certificazione UE per le persone che hanno sviluppato competenze Open Source in campi particolari.
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L’importanza del finanziamento

Tutto questo può portare allo sviluppo di una competitiva industria digitale che deve contare su un adeguato capitale finanziario. In questo senso le misure raccomandate dallo studio riguardano la possibilità di trattare come donazioni ai fini fiscali i contributi offerti da individui o società ai progetti OSSH. Il programma Enhanced European Innovation Council (EIC) dovrebbe proseguire e essere aperto esplicitamente alle domande di giovani imprenditori con progetti ad alto rischio e ad alta intensità di ricerca e sviluppo basati su OSSH, compensando in questo modo la mancanza di capitale di rischio nell’ecosistema europeo delle piccole imprese. Altri strumenti di finanziamento potrebbero essere individuati nei fondi di Venture Capital mirati, che aiutino le start-up basate su OSSH di nuova fondazione a collaborare con società consolidate. Infine bisognerebbe sfruttare appieno le potenziali sinergie tra appalti pre-commerciali e OSSH in modo strategico e sistemico.

Per favorire un adeguato terreno competitivo deve essere curato anche l’ambiente regolatorio.

A questo fine viene posta attenzione su alcuni punti: finanziare audit di sicurezza di progetti OSS critici che richiedono modifiche specifiche per il miglioramento della sicurezza con risorse pubbliche; migliorare l’inclusione degli OSS negli appalti pubblici tenendo conto delle esigenze delle PMI; considerare l’Open Source nelle future revisioni della legislazione europea sul diritto d’autore e sui brevetti.
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La sostenibilità

Se occorre pensare alle strategie di domani in una logica open è anche necessario cominciare a ragionare sul futuro in ottica di sostenibilità. Per questo i progetti open source che prevedono risultati anche in tale ambito andrebbero finanziati con risorse aggiuntive.

Inoltre, sarebbe utile stabilire un diritto alla riparazione, compreso il diritto alle modifiche del software una volta che il produttore termina il supporto del dispositivo, perché software e hardware open contribuiscono alla sostenibilità ambientale e sociale, estendendo il ciclo di vita dei dispositivi, consentendo il riutilizzo dei componenti e riducendo lo sforzo di sviluppo duplicato.


Gianmarco Nebbiai
Cofondatore e Direttore responsabile di Innovazione.PA. Giornalista e Comunicatore d’impresa, scrive di ICT e del suo impatto sulla società e l’economia dal 1995. Segue tutti i temi legati alla trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, all’innovazione dei processi e dei servizi a disposizione dei cittadini, con particolare attenzione all’innovazione sociale e al digital healt.

InnovazionePA è una iniziativa Soiel International, dal 1980 punto d’informazione e incontro per chi progetta, realizza e gestisce l’innovazione.
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