Telepass e Urbi accompagnano l’evoluzione della mobilità

Come cambia il nostro modo di spostarci in città e non solo: Innovazione Pa ne ha parlato con Massimiliano Malaspina, Business Development & Partnership Manager di Telepass e Marco Cavone, Ceo di Urbi.
18 Ottobre 2023 |
Giulia Galliano Sacchetto

7,5 milioni di clienti e oltre 10 milioni di dispositivi in circolazione su oltre 170mila chilometri di reti autostradali nei 14 Paesi europei nei quali opera, 8 miliardi di euro di transazioni ETC (Electronic Toll Collection) gestite con il 30% di market share. Telepass è tra i leader europei nei servizi di telepedaggio. Il suo dispositivo, a partire dei Mondiali di calcio Italia ’90, permette di pagare il pedaggio senza fermarsi al casello, transitando nelle porte dedicate, con addebito diretto sul proprio conto corrente bancario o postale, o su carta di credito. Alla tradizionale offerta di telepedaggio autostradale, Telepass ha aggiunto nel tempo quasi 30 ulteriori servizi, collegati ai nuovi stili di mobilità, tra cui Telepass Pay. La società è anche impegnata nel raggiungimento degli obiettivi indicati da Europa e Governo per una mobilità che sia sempre più sostenibile. Il gruppo ha investito importanti risorse sulle principali trasformazioni che riguarderanno la mobilità del domani e vuole dare il suo contributo alla micro-mobilità nelle grandi città, promuovendo comportamenti virtuosi, sia attraverso l’integrazione di un numero sempre maggiore di servizi legati alla mobilità green, sia attraverso promozioni e cashback mirati per incentivare stili di mobilità sostenibile.

Telepass è un abilitatore del Mobility as a Service (MaaS) consentendo ai tanti cittadini che quotidianamente si muovono nelle grandi città di accedere ai diversi servizi pubblici di mobilità attraverso un’unica app. Allo stesso tempo vuole dare il suo contributo alla digitalizzazione della logistica. Il gruppo, inoltre, ha promosso diverse iniziative con l’obiettivo di offrire prodotti e servizi sicuri e sostenibili, riducendo l’impatto ambientale sul pianeta; tra gli esempi figurano la campagna “Safe&Clean”, lanciata durante la prima fase della pandemia Covid19 in collaborazione con Autogrill, così come gli investimenti per potenziare i canali digitali e la dematerializzazione delle comunicazioni con i clienti, coerenti con la visione e la strategia aziendale volta ad una sempre maggiore sostenibilità.

Promuovere comportamenti sostenibili attraverso soluzioni che aiutino i clienti a ridurre le emissioni e a muoversi in modo più semplice è un altro degli assi portanti della politica di Telepass, rivolta a una clientela sempre più sensibile, per convenienza e cultura, alla riduzione dei consumi. Oggi Telepass offre quindi un ecosistema di servizi ed è uno degli operatori di riferimento per i pagamenti nel settore della mobilità. Innovazione Pa ha parlato del presente e del futuro dell’azienda italiana con Massimilano Malaspina,  Business Development & Partnership Manager di Telepass.

Massimilano Malaspina,  Business Development & Partnership Manager di Telepass

Anche alla luce dei finanziamenti Pnrr e della crescente attenzione delle Pa alla mobilità, ci racconta come Telepass ha modificato la propria offerta negli ultimi anni?

Telepass ha riadattato la propria offerta, anche se il pedaggio resta fondamentale per la sostenibilità e la mobilità extraurbana. Questo perché oggi ci concentriamo soprattutto sulla mobilità urbana ma nelle grandi città bisogna arrivarci. Inoltre, va considerato che in Italia il 70% del traffico è ancora dovuto alle auto, a differenza di quanto avviene in altri paesi europei. Telepass sta cercando di ampliare la presenza del telepedaggio anche in Europa: questo perché, al di là della mobilità delle persone, questo tipo di pedaggio evita gli stop and go soprattutto per i camion, con una consistente riduzione delle emissioni. Uno studio elaborato dall’Università Ca’ Foscari di Venezia ha calcolato che, grazie al telepedaggio, si producono circa 3.350 tonnellate in meno di Co2, pari a 35mila viaggi da Roma a Milano, con un notevole beneficio per l’ambiente in cui viviamo. Ripercorrendo brevemente la storia di Telepass si possono individuare alcune tappe fondamentali.

Negli anni ’90 Telepass lancia il telepedaggio in Italia; a questo nel 2011 vengono affiancati i parcheggi di struttura (a strisce blu, in aeroporti, stazioni…) a cui si accede replicando il funzionamento del dispositivo autostradale. Quindi il cliente risparmia tempo e non c’è il ticket cartaceo, e quindi maggiore sostenibilità; dal lato della Pa con il telepedaggio si ha la certezza del pagamento del parcheggio e anche qui si risparmia sul ticket cartaceo. Attualmente stiamo pensando di migliorare ulteriormente lo spazio adibito alla sosta, trasformandolo in qualcosa di più, una sorta di smart hub o area premium. Il nostro obiettivo è avere un prototipo entro la fine 2023. Vorremmo realizzare dei parcheggi in cui si ha la certezza di avere delle colonnine di ricarica elettrica. Ad esempio, per chi abita a Milano e non ha una wallbox casalinga può risultare una perdita di tempo andare in giro a cercare le colonnine, ammesso poi di trovarle libere. Noi vogliamo dare tutto all inclusive e senza nessun’ulteriore app.

Inoltre pensiamo anche di offrire servizi accessori, come ad esempio la possibilità di lasciare l’auto nel nostro parcheggio e farla lavare. In quest’ottica abbiamo acquisito WashOut, azienda che effettua lavaggi waterless, permettendo di risparmiare fino a 160 litri d’acqua. Quindi l’utente potrà avere da una parte la ricarica elettrica, dall’altra il lavaggio e magari anche piccole riparazioni, come il cambio delle lampadine dell’auto. Inoltre in questi parcheggi smart hub sarà integrata anche la mobilità dolce: le persone potranno lasciare la macchina qui e trovare monopattini e biciclette per muoversi, oppure potranno chiamare un taxi. Siccome nell’offerta che abbiamo ampliato nel 2017 rientra anche il trasporto pubblico, questi parcheggi saranno collocati vicino alle metropolitane. Vogliamo fare quello che l’amministrazione pubblica dovrebbe fare con i parcheggi scambiatori: l’utente ci lascia la macchina, si muove con altri mezzi più sostenibili e quando torna la trova pulita e ricaricata.

Mi diceva che nel 2017 avete ampliato la vostra offerta…

In quell’anno c’è stata la vera trasformazione, perché è nato Telepass Pay. Nel 2021 abbiamo poi fuso le società per evitare che l’utente avesse due app, quella di Telepass e quella di Telepass Pay, offrendo così in un’unica app sia i servizi di pagamento sia quelli di mobilità. Si parte quindi da servizi legati alla mobilità delle auto come pedaggi, parcheggi, strisce blu, ma poi si passa anche alle ztl: a questo proposito Milano è stata la prima a crederci e ad integrare il nostro sistema. In questo periodo ci contattano diverse amministrazioni in pianura padana per le ztl, perché hanno problemi di inquinamento. Nel 2017 abbiamo deciso di ampliare la nostra offerta con altri servizi legati al mondo dell’auto, come il rifornimento di carburante, il pagamento del bollo ma soprattutto il lavaggio auto e la ricarica elettrica, anche per esigenze di sostenibilità.

Oggi abbiamo circa 25mila colonnine in tutta Italia: il vantaggio è che con la nostra app il cliente può ricaricare ovunque senza dover per forza avere l’applicazione di un determinato fornitore (Enel X, A2A…). Dopo aver coperto i servizi del mondo auto siamo passati ai servizi alla persona: quindi ci siamo concentrati sui taxi nelle città metropolitane, e abbiamo ampliato il servizio di sharing allargandoci ad altri player. C’è poi il grande tema del trasporto pubblico dove vogliamo investire ancora di più, perché ad oggi le città tecnologicamente pronte per integrare sistemi come il nostro sono Roma e Milano. Da questo punto di vista speriamo che il Pnrr consenta alle Pa di ammodernare le flotte così da poterle poi integrare nel nostro sistema; infatti se, ad esempio, non ci sono tornelli che leggono i QR code noi facciamo fatica ad integrarli. In questo senso Milano ha fatto un passo avanti introducendo la carta di credito sugli autobus. Speriamo che le Pa sfruttino il Pnrr in questo senso.

È chiaro che poi rimarrà da colmare il gap relativo alle piccole realtà, dove probabilmente rimarrà fondamentale l’auto. Sempre dal punto di vista del trasporto pubblico abbiamo introdotto nel sistema anche i treni (da Trenitalia a Italo) e gli aerei, offrendo la possibilità di prenotare e comprare i biglietti direttamente dalla nostra app. Abbiamo anche integrato il servizio Caronte, che collega il continente con la Sicilia.

Ci racconta qualche case history di sinergia tra Telepass e Pa?

Abbiamo recentemente lanciato il Venezia Pass, in cui uniamo tutta la mobilità già presente che offre Telepass (quindi treni, aerei e così via) ma in più diamo la possibilità di vivere la città a 360 gradi. “Venezia Pass” è un servizio dedicato ai clienti Telepass Plus che permette l’acquisto anticipato di diverse tipologie di servizi che fanno parte del circuito Venezia Unica e dell’ecosistema Telepass: dall’acquisto dei biglietti di autobus, tram e vaporetti, fino all’accesso ai musei, alle chiese e alle principali attrazioni della città, come, ad esempio, la visita a Palazzo Ducale e alle chiese del Circuito Chorus. Si tratta di un caso replicabile in altre città, anche se va detto che Venezia è una delle poche città italiane che aveva già un prodotto disponibile. Grazie alla partnership con VeLa, società del Gruppo AVM e primo portale turistico cittadino, è possibile accedere ai servizi di trasporto pubblico e all’offerta culturale e turistica di Venezia attraverso un unico strumento, in tutta sicurezza e semplicità, per garantire un’esperienza di viaggio più fluida in una delle città più famose d’Italia e del mondo. Un altro caso di sinergia tra Telepass e Pa sono i buoni taxi: l’integrazione di tanti servizi è avvenuta nel periodo pandemico, durante il quale cui non ci siamo mai fermati, ma abbiamo continuato a sviluppare e ad integrare nuovi servizi.

Nel 2021 il Comune di Milano ha chiesto di trovare una soluzione rapida per elargire buoni taxi, cioè fondi da erogare ai tassisti, categoria molto colpita dal covid e fondamentale anche per la mobilità degli anziani che dovevano, per esempio, andare a fare il vaccino. In un mese abbiamo proposto una soluzione che partiva da uno strumento che tutti i cittadini hanno, cioè il codice fiscale. Il Comune individuava i beneficiari e in automatico l’utente quando prendeva il taxi presentava il codice fiscale; il tassista aveva un’app che leggeva questo codice e poteva accettarlo per avere il buono. Il servizio è andato avanti per tutto il 2021, con il Comune che ha erogato 2 milioni di euro di buoni, per un totale di quasi 1000 viaggi al giorno. Questi esempi dimostrano come sia importantissima la sinergia tra pubblico e privato, dove il pubblico si occupa della governance e il privato mette a disposizione la sua esperienza sul campo. Ad oggi, con l’introduzione di Venezia Pass integriamo ben 30 servizi.

L’offerta Telepass riguarda solo il mondo consumer? Come avete fatto a crescere così velocemente?

Stiamo esportando l’esperienza del mondo consumer sui clienti business per agevolare anche mobilità aziendale. Al cliente business serve prima di tutto una piattaforma. In questo senso ad aprile 2022 abbiamo lanciato TBusiness, la prima piattaforma che integra servizi di mobilità, carte di pagamento e rendicontazione semplificata delle spese aziendali. Con questa offerta possiamo coprire tutte le esigenze di un dipendente, anche quelle che non riguardano la mobilità. Ad esempio se la persona è in trasferta e deve pranzare o prenotare un albergo, lo può fare con la nostra app. L’altro campo di cui ci occupiamo è quello delle assicurazioni.

A giugno 2022 Telepass in partnership con Generali ha lanciato il dispositivo Next, la prima soluzione che unisce assicurazione, telematica e telepedaggio, brevettata e in esclusiva per le agenzie Generali. Il nuovo dispositivo offre assistenza immediata tramite la tecnologia real-time coaching e tutti i servizi di mobilità di Telepass (pagamento carburante, strisce blu, bollo auto ecc). Abbiamo acquisito delle start up, come Urbi che ci aiuta nell’integrazione dei servizi, WashOut per il lavaggio on demand, Infoblu per avere dati sulla mobilità e soprattuto Wise Emotion, startup che si occupa dello sviluppo di prodotti digitali mobile driven. Queste acquisizioni si sommano all’ampliamento diretto dei nostri dipendenti che dai 300 del 2021 sono passati ai 600 di oggi. Riassumendo potremmo dire che Telepass oggi è attiva nel mondo consumer, in quello business e nel campo delle assicurazioni.

Quali saranno i vostri prossimi passi?

Noi volevamo creare un’app che utilizzassero tutti, e quell’obiettivo l’abbiamo raggiunto; adesso vogliamo portarla nel resto di Europa, dove ci sono altri esempi di questo tipo ma sono molto verticali, come nel campo dei taxi. Siccome l’Italia è una meta turistica dobbiamo esportare questa mobilità, perché chi arriva nel nostro paese non conosce l’offerta Telepass. Ad esempio a Venezia in questo momento i turisti non ci conoscono. D’altra parte vogliamo continuare ad investire in progetti sulla mobilità, come i parcheggi, perché così come li abbiamo costruiti dodici anni fa non sono più attuali: di qui l’obiettivo dello smart hub di cui parlavo prima. Questo risolverebbe anche i problemi nel medio/lungo termine delle città riguardo la ricarica elettrica.

Telepass potrà portare la sua offerta in Comuni più piccoli?

Questa è una necessità. Va anche detto però che agevolare quello che stanno già facendo altri operatori nei piccoli centri è più difficile, perché in queste cittadine ci sono meno sistemi da integrare. Uno stimolo dal Pnrr in questo senso sarebbe utile, noi ad ora possiamo, per esempio, collegare l’auto al telepedaggio e offrire la possibilità di ricaricarla, ma se non ci sono operatori di mobilità dolce possiamo fare poco altro. Da questo punto di vista la Pa deve dare una mano, perché nelle città metropolitane un operatore di sharing ce la può fare da solo, visti i grandi numeri di utilizzatori, ma nei piccoli centri serve l’aiuto dell’amministrazione.

Urbi: tra MaaS, piattaforme, servizi per la mobilità dolce

La mobilità dolce e il concetto di Mobility as a Service sono dunque centrali per Telepass. Per questo l’azienda ha acquisito Urbi: controllata al 70% da Telepass, al 25% da lastminute.com e al 5% dai suoi fondatori, è l’aggregatore di servizi per la Urban Mobility che permette di trovare la migliore soluzione di viaggio in città. Con le sue soluzioni integrate all’esperienza di Telepass Urbi promuove fortemente la diffusione del MaaS. Su questi temi Innovazione Pa ha intervistato Marco Cavone, Ceo di Urbi.

Marco Cavone, Ceo di Urbi

Ci spiega che cos’è Urbi e di che cosa si occupa?

Urbi è una controllata del gruppo Telepass, per conto del quale seguiamo la parte di servizio di mobilità integrando diversi operatori, dalla micro mobilità a quella urbana ed extraurbana: abbiamo i servizi classici come biciclette, scooter fino ai treni, ai taxi e al trasporto pubblico. Complessivamente integriamo 12 diverse tipologie di mobilità. Non si tratta di 12 operatori ma proprio 12 diverse categorie di servizi che rendiamo disponibili ai clienti tramite il nostro prodotto. L’azienda è molto attiva nel campo della mobilità anche se siamo meno di 20 persone, la maggior parte sviluppatori. Al momento siamo presenti in 33 città europee.

Qual è il ruolo di Urbi nell’evoluzione della sharing mobility in Italia? A che punto siamo con i progetti MaaS?

Urbi risolve problema di mobilità: se altri operatori si sono buttati in questo campo soltanto ora, noi ci gravitavamo da tempo, così come Telepass che ha solo esteso la propria competenza andando ad occuparsi della complessità degli spostamenti, con l’aggiunta di varie tipologie di servizi. Se prima c’erano solo il pedaggio dell’autostrada, qualche parcheggio e qualche ztl man mano Telepass ha aggiunto sempre più servizi, mantenendo però l’obiettivo principale, cioè semplificare la vita alle persone in mobilità. Per noi è stato piacevole vedere che altri si sono accorti di questo cambio radicale che ha avuto la mobilità, non più isolata nella propria nicchia, ma diventata parte della vita delle persone. Per esempio, la sharing mobility 10 anni fa quasi non esisteva, oggi invece la conoscono tutti. Al punto che in alcune città europee si sta pensando addirittura a come evitare che cresca troppo in fretta. È compito delle Pa rendere questa evoluzione sana e flessibile.

Milano e Roma sono le uniche città italiane che spostano grandi numeri di traffico, ma sono briciole se guardiamo le metropoli europee: per quello che riguarda la sharing mobility la sola Parigi ha al suo interno i mezzi di Milano e Roma e qualche altra piccola città italiana. L’onere delle Pa di regolamentare quello che sta succedendo è imprescindibile. Partendo dal Next Generation Eu siamo riusciti a far partire qualche iniziativa. Il Comune di Milano ha spinto per essere capofila e Roma ha seguito a ruota. È un bene che le Pa abbiamo colto la palla al balzo: alcune hanno reagito investendo i fondi nell’evoluzione del trasporto pubblico, altre più strutturate, come appunto Milano e Roma, hanno usato gli incentivi per provare a sdoganare il concetto di MaaS operator che non è ancora conosciuto alla massa: se una persona deve prendere un biglietto della metropolitana va in edicola o sull’app dell’operatore. L’idea che deve passare, invece, è che per spostarsi da un punto A ad un punto B si possa utilizzare un unico servizio.

Come vede questa evoluzione, fatta di radicali cambiamenti e serie difficoltà (il ministro Salvini vuole introdurre l’obbligo di assicurazione, casco, targa per i mezzi di mobilità dolce…)?

Secondo me deve esserci una regolamentazione strutturata perché prima c’erano pochi mezzi, adesso non siamo più in fase di sperimentazione (anche se alcune Pa ne parlano ancora in questi termini). È poco sensato ad esempio pensare di poter andare senza casco sui monopattini, visto che quelli privati spesso superano i limiti di velocità. A Tel Aviv la maggior parte dei monopattini su strada, anche in sharing, sono dotati di casco. D’altro lato c’è una difficoltà legata all’uso di questi mezzi e alle aree dove lasciarli: di solito li si utilizza per fare pochi chilometri, se però quando si arriva a destinazione non si può parcheggiare perché non c’è l’area preposta e, fortunatamente, non si possono più abbandonare come si faceva prima, diventa complicato. L’utente infatti può non sapere dov’è il parcheggio più vicino, può doversi fermare per cercarlo sull’app e poi doverlo raggiungere portandosi dietro il mezzo… tutte criticità che vanno risolte. Sia chiaro, al momento non ci sono risposte pronte, bisogna fare dei ragionamenti.

È sano comunque vedere le Pa che sperimentano, che si confrontano, che chiedono anziché imporre una linea. Non credo comunque che ci sarà un cambiamento radicale nel prossimo anno. Al momento abbiamo più operatori di quelli che le Pa accettano nelle gare, man mano questa competizione si stabilizzerà. In Europa esistono già due o tre grandi player che si spartiscono il mercato, quando ci saranno anche in Italia il cerchio si chiuderà e non ci sarà più un problema di affollamento, ma si dovrà gestire lo spostamento di questo tipo di mezzi in città. Un’altra grossa problematica che si nota è il sovraffollamento di mezzi condivisi in zone non utilizzate: se guardiamo i dati di media un mezzo di micromobilità in Europa non è usato più di 2 volte in un giorno. Si tratta di un dato negativo perché dimostrerebbe che non c’è un’attrazione forte verso la mobilità dolce: ma se invece si guarda alle grandi città, se si mette il mezzo nel punto giusto al momento giusto viene usato molto di più di quanto ci dicono i dati. È chiaro che se poi viene portato più in periferia viene usato di meno, perché ci sono meno persone e il mezzo non può tornare indietro da solo come fa una metropolitana.

All’Urban Mobility Conference di Bergamo abbiamo confrontato i diversi approcci di Milano e Torino che sul Maas hanno fatto scelte diverse: Milano ha chiamato gli operatori indicendo una gara, Torino ha scelto di procedere per conto proprio… perché queste differenza?

Quando una Pa confida nelle soluzioni che ha già sul territorio e ha operatori maturi, come può accadere a Milano o Roma, e ha quindi un’offerta tale da poter far diventare il Maas valore aggiunto, ha senso indire una gara per far competere più operatori. Non lo vedo però proficuo per il cittadino, perché magari chi ha davvero la soluzione migliore non vince la gara. Sarebbe bello che questi progetti si realizzassero sempre più a livello nazionale, anche perché le città non sono dei silos isolati. Invece in realtà come Torino, Genova, Firenze, Bari e così via non è sbagliato che si investa nel riqualificare ciò che già esiste, perché non c’è ancora un’offerta che giustifichi una gara con una competizione. A Milano e Roma non sarebbe neanche fattibile dal punto di vista legale scegliere a priori un operatore escludendo gli altri. Secondo me quindi la scelta di Milano e Roma è giusta: mi sarebbe piaciuto vedere più coesione nazionale su questo progetto, a cui Milano e Roma faranno da capofila. Alcune Pa stanno veicolando i soldi che riceveranno in incentivazione, dando questi finanziamenti ad utenti di tutti i Maas operator in modo uguale, e questa è un’iniziativa interessante. La media delle città italiane oggi ha il proprio operatore privato che funziona bene, pur se ancora nella vecchia logica.

L’idea che sottintendeva anche il Pnrr era di arrivare ad un Maas nazionale… è un risultato raggiungibile?

No, per come si stanno muovendo i singoli progetti non stiamo andando in quella direzione. Non si potrà arrivare lì nel breve, Milano e Roma partiranno a luglio, gli altri progetti non si sa. Ma è evidente che dopo sei mesi di sperimentazione su Milano e Roma non si può pensare di avere un progetto nazionale. Fortunatamente stiamo almeno facendo questo.

Milano ha un eccellente trasporto pubblico ma ci sono realtà più piccole e meno dotate… Come le piattaforme Maas possono aiutare anche queste ultime?

Rispetto al resto d’Italia Milano ha qualcosa in più dal punto di vista del trasporto pubblico, ma c’è sempre quella voglia di migliorarsi, anche guardando agli esempi virtuosi all’estero. Facciamo fatica a lavorare con città meno strutturate perché non sono ancora pronte a sfruttare quello che un Maas operator offre. Quindi se una città non fa bandi per la sharing mobility, se non ha un trasporto pubblico digitalizzato che quindi può esse integrato, va da sé che i cittadini si muovono con mezzi privati, auto o moto, e noi possiamo fare ben poco. Ci sono poi casi di migrazione di flotte di mezzi in sharing mobility. Questo lo abbiamo visto soprattutto d’estate quando gli operatori spostano i mezzi dalle grandi città alle località turistiche. Noi però in questi casi forniamo solo l’integrazione alla nostra app, dando, quindi, un servizio, non alla città ma agli operatori stessi, perché portiamo loro del traffico. Più in generale cerchiamo di far capire alle amministrazioni di queste piccole località che si possono unire i diversi aspetti: ad esempio una piccola stazione dei treni, con il trasporto pubblico, con magari un aeroporto che dista pochi chilometri, eccetera. Però serve lavorare da tutte le parti, non bastiamo noi, il bando per la micromobilità deve essere portato avanti dal Comune.

Soprattutto nelle Pa più piccole mancano spesso le conoscenze… come vi rapportate in questo caso?

Sarei ben felice di dialogare con chiunque, il Comune di Milano, per esempio, spesso ci chiede un parere e noi spieghiamo come riteniamo che si dovrebbe procedere. L’approccio del Comune di Milano al Maas for Italy non è stato fatto imponendo una linea ma coinvolgendo tutti i competitori in tutti gli step, mettendoli attorno allo stesso tavolo per trasformare un problema in un’opportunità, dandosi una mano a vicenda. Questo è un tipo di approccio che è adottato di rado. Sarebbe bellissimo che altri Comuni ci chiamassero per chiedere aiuto e fare qualcosa insieme, ma questa attività non diventerà parte del nostro business model perché le Pa non navigano in buone acque purtroppo e fanno fatica già da sole. Ma se fosse possibile sarebbe la strada giusta: il caso di Milano è lampante in questo senso.

Ci racconta una case history che vi ha soddisfatto in modo particolare?

Tre anni fa avevamo una soluzione di interconnessione tra servizi ma non era molto efficiente… Il bando MaaS è stato uno stimolo in questo senso, perché veniva richiesto di avere una modalità interoperabile, in cui cioè l’utente dice da dove parte e dove vuole arrivare e il pianificatore gli offre una soluzione. Noi potevamo già offrire quella vecchia soluzione di interconnessione, ma abbiamo scelto di ripartire da zero con le nuove tecnologie, pensando a quali dati potevano arrivare dalla città e che tipo di personalizzazione potevamo offrire (usare il mezzo elettrico, andare di più a piedi, usare i mezzi pubblici…). Quindi non abbiamo guardato quali erano le nostre integrazioni, ma abbiamo scelto di offrire qualcosa di diverso, reinventando. Dopo mesi e mesi di sviluppi a luglio inizieremo il roll out di questo pianificatore di viaggi che sarà sempre in evoluzione, anche in base ai dati che riceverà da chi lo usa: potremmo inoltre vedere quando qualcuno sceglierà un mezzo con cui siamo direttamente integrati.

Sembra che ci sia ancora molta assenza culturale sull’intermodalità: penso, ad esempio, a chi dall’hinterland sale su un treno per Milano portandosi il monopattino o la bicicletta perché non sa che una volta arrivato in stazione troverebbe dei mezzi condivisi pronti per essere utilizzati…

Il problema nasce a monte, quando una persona non ha la fortuna di vivere sopra la stazione: in questo caso, infatti, quel pezzo di strada tra casa e stazione viene fatto usando un mezzo privato che la persona ha comprato. Ma le stazioni oggi non offrono parcheggi di interscambio, e se si lascia il monopattino in un posto qualunque in stazione alla sera non lo si trova più. Poi è chiaro che dipende anche da dove uno abita. A Milano Garibaldi, Centrale e Cadorna, gli utenti possono trovare i mezzi per andare dove vogliono, ma nell’hinterland no. E chi prima andava in macchina in stazione ora va in monopattino, ma non sa che poi non ci sono gli spazi dove lasciarlo. In questo senso abbiamo dei progetti sul mondo interscambio, per dare a chi viaggia con un mezzo di proprietà la possibilità di lasciarlo in un posto sicuro e prenderne poi uno condiviso.


Giulia Galliano Sacchetto
Giornalista professionista, con alle spalle esperienze in diversi campi, dalla carta stampata al web. Mi piace scrivere di tutto perché credo che le parole siano un’inesauribile fonte di magia.

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