Procida, sull’isola tutti in bici

Nel Comune di 10mila abitanti circolano più di 4000 biciclette. Il sindaco Dino Ambrosino ci racconta i perché di questo successo
17 Gennaio 2024 |
Giulia Galliano Sacchetto

L’isola di Procida è un fazzoletto di terra perlopiù pianeggiante, che presenta però diverse strade in pendenza. Per questo motivo la diffusione delle biciclette è esplosa negli ultimi anni, con l’avvento dei modelli a pedalata assistita. Le utilizzano i ragazzini come le persone anziane: si stima che le biciclette siano 4.000 rispetto ad una popolazione di 10.100 abitanti, circa una se non due per famiglia. Questa diffusione così capillare è stata favorita dalle politiche sulla mobilità dell’amministrazione comunale: ne abbiamo parlato con il sindaco Dino Ambrosino.

Quali sono state le politiche adottate per incentivare l’uso della bicicletta a Procida?

Partiamo dal presupposto che Procida è densamente abitata (conta circa diecimila abitanti). In una grande città questo può essere un dato poco rilevante, ma per un’isola di circa 4 km quadrati di superficie come la nostra è molto importante. Significa infatti che le persone hanno poco spazio a disposizione per muoversi. In più, molte delle nostre strade sono antiche, costruite tra 1600 e 1800, quindi senza marciapiedi, strette tra le case. E se non c’è spazio per i marciapiedi non ce n’è nemmeno per le piste ciclabili. Le uniche strade un po’ più spaziose che abbiamo sono state fatte negli anni ’50. Essendoci poco spazio, inoltre, anche parcheggiare non è semplice. Questa premessa serve per inquadrare l’ambito in cui l’amministrazione si è mossa: infatti, anche se il numero di auto in rapporto ai residenti non è alto, anzi siamo tra i Comuni con meno veicoli, l’impatto è comunque importante perché lo spazio è ridotto. Nella stessa strada devono quindi convivere pedoni, biciclette, moto, auto e pullman. Abbiamo, dunque, emesso alcune misure limitative al traffico, perché i turisti, ma anche molti residenti, avevano piacere di muoversi a piedi, senza incorrere in situazioni di pericolo dovute alle strade strette. Questi provvedimenti sono iniziati negli anni ’80, ma la nostra amministrazione ne ha aggiunti altri, stabilendo divieti totali di circolazione in alcune fasce orarie: una misura simile alle targhe alterne, ma valida per tutti i veicoli. Ad esempio il divieto scatta dalle 19 alle 21 e dalle 22 all’una di notte. Naturalmente sono arrivate le critiche dei cittadini che usavano l’auto per esigenze del tutto legittime. Ed è così che abbiamo deciso di concedere una deroga agli spostamenti per le biciclette elettriche (solo quelle a norma naturalmente). Sottolineo il fatto che l’amministrazione non ha dato alcun incentivo economico per l’acquisto delle bici elettriche, ma ha solo emesso questa deroga; provvedimento che ha provocato una crescita esponenziale dell’uso di questo mezzo di trasporto, che accontenta anche quelli che non vogliono andare a piedi. In più è molto comoda: non c’è bisogno di casco, e di assicurazione. E le biciclette sono state scelte tanto dai ragazzini quanto dagli anziani. Infatti oggi chi viene a Procida, quando sbarca nota immediatamente questo gran numero di bici. Ricordo che la mia generazione è stata la prima ad essere accompagnata in auto a scuola dai genitori. Oggi fuori dalle nostre scuole si vedono distese di biciclette. I nostri ragazzi sono molto più autonomi così e c’è meno richiesta, per esempio, di pulmini scolastici.

Come hanno reagito i cittadini?

Naturalmente questo rapidissimo sviluppo della bici elettrica porta con sé delle criticità: si infrangono spesso i sensi unici, ad esempio, oppure i ragazzini sciamano insieme sulla stessa stretta strada rischiando di farsi male e fare del male ad altri e così via. Proprio la sensibilizzazione e la sicurezza sono due obiettivi che ci poniamo per il futuro come amministrazione. Bisogna far capire che la bici è un veicolo e come tale va condotto con prudenza, senza creare pericolo per sé e per gli altri. C’è ancora un po’ la percezione che la bicicletta sia meno pericolosa di altri mezzi di trasporto, le nostre politiche future avranno come obiettivo anche quello di contrastare questa abitudine. Proprio le abitudini consolidate sono la sfida che ci proponiamo di affrontare nel prossimo futuro.

Secondo lei il vostro modello è esportabile in altri contesti, magari più grandi?

Credo che la possibile riuscita di un modello come il nostro dipenda molto dalle distanze. A Procida i ragazzi possono andare e tornare da scuola con la stessa carica della batteria. Allo stesso modo si può andare a fare la spesa, girando anche diversi negozi senza che la bici si scarichi. Perché l’isola è piccola. In realtà più estese dal punto di vista territoriale sarebbe più complicato: a Napoli, ad esempio, non penso che un sistema così potrebbe funzionare. Va detto che da noi ci sono anche pochi problemi di sicurezza. Se sparisce una bicicletta di solito è stata “presa in prestito” e viene ritrovata poco dopo. Poi c’è anche la questione delle abitudini: gli italiani di per sé sono abitudinari e conservatori.

Ci sono state resistenze all’inizio?

Non ci sono state resistenze perché il cambiamento è venuto dal basso, come dicevo prima. Non abbiamo dato incentivi economici ma i procidani hanno capito, ad esempio, che una bicicletta consuma molto meno di un motorino. É stato un processo rapido, sviluppatosi nell’arco di qualche anno per la coincidenza di due fattori: da un parte le crescenti limitazioni al traffico veicolare privato, dall’altra l’esplosione delle e-bike. Fino a vent’anni fa, infatti, questi veicoli, erano venduti da rivenditori quasi clandestini. Oggi se entri in un negozio di motorini la prima cosa che vedi esposta sono le bici elettriche. La crescita di questi modelli ha portato anche alla nascita di una nuova professione, perché questi mezzi hanno anche bisogno di essere riparati. Se prima i meccanici si concentravano sui veicoli a motore e ti guardavano un po’ storto se portavi una bici da riparare, oggi ci sono dei meccanici specializzati proprio in bici elettriche.

La nomina a Capitale della Cultura 2022 è stata un po’ il riconoscimento a quanto fatto di buono?

Il diventare Capitale della Cultura 2022 ha riconosciuto la bontà del nostro progetto, con cui ci siamo candidati insieme a molte altre città presentando la nostra idea di sviluppo sostenibile. E illustrando i problemi delle nostra comunità, tra cui c’era appunto anche la sostenibilità. Emblematico e simbolico in questo senso è stato l’evento che ha chiuso l’anno da capitale della cultura, tenutosi su un palco alimentato a pedali: c’erano molto biciclette collegate ad un dinamo che fornivano l’energia necessaria per luci, audio e altri strumenti necessari per la performance dal vivo. É stata un’iniziativa che ha mostrato la validità del nostro progetto di mobilità alternativa.


Giulia Galliano Sacchetto
Giornalista professionista, con alle spalle esperienze in diversi campi, dalla carta stampata al web. Mi piace scrivere di tutto perché credo che le parole siano un’inesauribile fonte di magia.

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