Roma, da città autocentrica a centro urbano fondato sull’intermodalità

In questa intervista l’assessore capitolino alla Mobilità, Eugenio Patanè, racconta la trasformazione che sta vivendo la Città Eterna
27 Novembre 2024 |
Gianmarco Nebbiai

InnovazionePA incontra Eugenio Patanè, assessore alla mobilità di Roma, in un’intervista che mette a fuoco gli obiettivi e la visione di una Capitale moderna, che vuole guardare al futuro ridefinendo l’equilibrio degli spazi urbani a misura d’uomo, ma per farlo deve affrontare un quotidiano difficile, fatto di interventi concreti, impegnativi, spesso impopolari, quanto necessari.

Assessore, il suo curriculum racconta di un confronto molto lungo con le sfide della mobilità a Roma, ce ne vuole parlare?

Mi occupo della mobilità a Roma come amministratore da oltre 20 anni e come militante da oltre 30.

Ho iniziato nelle associazioni ambientaliste e, in particolare, in Legambiente insieme a persone come Mario Di Carlo, Giovanni Hermanin, Ermete Realacci. Io ero un giovanissimo militante quando loro erano i dirigenti di riferimento di Legambiente e da militante le mie due materie di interesse erano già la mobilità sostenibile, da un lato, e, dall’altra, energia e rifiuti. Di quel tempo mi riconosco ancora nell’approccio scientifico al tema dell’ambiente: nessuna posizione di carattere politico può essere presa se non dopo un approfondito studio scientifico che offra dati certi sui quali basare le proprie opinioni.

Tutto quello per cui non è acclarato il nesso di casualità o un principio di causalità, non può dare adito a ipotesi, tesi e tantomeno decisioni. 

Nel frattempo ho portato avanti gli studi in diritto dei trasporti. Ho fatto l’avvocato trasportista sino al 2001, quando, con la vittoria di Veltroni come sindaco di Roma, Mario Di Carlo divenne Assessore della mobilità e io capo segreteria di questo assessorato. Qui, sino al 2005, ho maturato esperienza come amministratore confrontandomi con il tema dei trasporti dalla parte di chi deve gestire piuttosto che da quella di chi osserva e analizza. 

Ho conosciuto l’assessorato e le responsabilità delle aziende pubbliche di Roma, il Dipartimento e i problemi della mobilità; mi sono scontrato con le richieste dell’utenza, molte delle quali sono uguali ancora oggi, senza più smettere perché il problema è complesso e appassionante. 

Quali sono gli obiettivi strategici per la mobilità della Capitale?

Gli obiettivi dell’amministrazione vengono da lontano; sono quelli studiati nel corso di tanti anni dalle amministrazioni di Rutelli e di Veltroni, che hanno indicato un cammino che si sapeva lungo, perché il confronto con le infrastrutture lo richiede, ma si interruppe bruscamente nel 2008 con la giunta Alemanno avviando una stagione disastrosa. Questa città, infatti, sul piano della mobilità ha avuto 15 anni di non governo delle infrastrutture, della mobilità, dei trasporti, delle metropolitane, delle tramvie. Sono asset che hanno bisogno di una manutenzione quotidiana, ordinaria e poi, a intervalli precisi, stabiliti, di manutenzione straordinaria. Non si tratta di opinioni politiche.

Quali problemi ha affrontato Roma in questi anni?

I binari li devi sostituire ogni 30 anni e, sino a quando sono tornato ad occuparmi di trasporti, non è stato fatto.  La metro A di Roma viene inaugurata nel 1980, calcolando 30 anni, avrebbe richiesto la sostituzione dei binari nel 2010.  Ma occorrono risorse e il coraggio di privare i cittadini di un mezzo di trasporto importante: quindi non si è fatto nulla per 14 anni. Lo ha fatto questa Giunta dopo 44 anni, con 14 anni di ritardo. 

Quando mi sono insediato, di fronte a questa situazione, avrei dovuto chiudere tutte le linee di metropolitana perché i treni non revisionati a termini di legge avrebbero dovuto uscire dalla linea, questa è la situazione. Ho dovuto concordare con il Ministero una proroga sulla manutenzione dei treni e attuare un piano graduale di revisione. Di fatto, abbiamo dovuto fare un’opera di ricostruzione complessiva del trasporto pubblico. È stata un’operazione necessaria, non visibile e basilare. Non abbiamo potuto lavorare o impegnarci per ‘l’eccellenza’ ma per creare le condizioni base di tenuta della struttura. 

Secondo lei i cittadini hanno capito che la città ha vissuto quest’opera di rifondazione del trasporto romano? 

Penso di sì. La città capisce. In questi anni abbiamo dovuto sospendere linee di tram, chiudere la metropolitana alle 21.00, abbiamo dovuto fare interventi strutturali, creando per forza disagi alle persone; ma i romani hanno capito che quello che stavano sopportando non era solo un disservizio, quanto un investimento per il futuro e, secondo me, nonostante l’incazzatura, hanno vissuto nella speranza che questo investimento potesse riportare a normalità il trasporto pubblico.

Ora a che punto siamo?

Io ho promesso ai romani che avremmo dovuto affrontare tre anni di sofferenza, il 2022, il 23, il 24. Tre anni di carte, ricerca di risorse, elaborazione di progetti di fattibilità tecnico-economica, andare in conferenza dei servizi, arrivare ai progetti definitivi, quindi fare i progetti esecutivi, appaltare le opere, fare le vidimazioni, fare le conferenze decisorie e alla fine aprire i cantieri. La trafila è stata questa ma ci siamo riusciti e ora vediamo aprire i cantieri. Abbiamo 1.600 cantieri aperti in città. Per ognuno di essi bisogna affrontare 46 passaggi amministrativi, ognuno dei quali richiede negoziazioni complicate. 

Adesso siamo nel momento più basso del trasporto pubblico ma tra dicembre e gennaio i servizi dovrebbero gradualmente ripartire riportando la situazione su un piano di normalità minima accettabile per il trasporto su ferro in una realtà come Roma. 

Quali saranno i passaggi con i quali i cittadini avvertiranno il ritorno alla normalità?

La linea A della metropolitana tornerà ad essere attiva fino alle 23.30 e fino all’01:30 il venerdì e il sabato; la linea B sta riacquisendo treni per arrivare entro il 2025 a 28 treni che, insieme ad un sistema innovativo di segnalamento, ci consentiranno di passare da una media di 9 minuti a passaggio a una media di 180 secondi. Significa cambiare completamente l’efficienza della linea. Questo è l’anno zero con il momento più basso nei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre. Dal 2025 comincia la ripresa dei nuovi trasporti a Roma e cominceremo a pensare a servizi di eccellenza degni di una capitale moderna. 

Quali idee le piacerebbe sviluppare per il futuro?

Per esempio potremmo pensare a soluzioni evolute per i servizi collegati al trasporto, come il controllo degli accessi. Sono stato invitato a Los Angeles alla fiera dell’APTA, l’American Public Transportation Association, un momento di confronto sui più importanti ritrovati della tecnologia per il trasporto pubblico. Uno di questi era dedicato alla nuova tornelleria. Sarebbe importante andare in quella direzione assicurando maggiore sicurezza. I tornelli sono alti un metro e ottanta, sono dotati di telecamere con intelligenza artificiale in grado di riconoscere e segnalare se sta passando più di una persona, senza far scattare l’allarme se però stanno passando insieme un genitore e un bambino.

Ci sono cose che possiamo fare, per esempio, per elevare la qualità dei servizi, come installare le porte di banchina su tutta la rete metropolitana come sulla metro C. È un obiettivo fondamentale per elevare il livello di sicurezza del servizio in relazione a rischi come incendio o limitare fenomeni tristissimi e frequenti come i tentativi di suicidio sotto i treni della metropolitana. 

Parlare di trasporto a Roma significa confrontarsi con un quotidiano difficile ma anche con la necessità di avere una visione, qual è quella per questa città? 

Bisogna passare da una città autocentrica a una città dell’intermodalità

Noi sappiamo che i romani si muovono in media per 12 chilometri giornalieri. Dobbiamo fare in modo che possano affrontarli usando l’autovettura per 2-3 chilometri; poi usando un trasporto pubblico comodo e capillare; e magari l’ultimo miglio con servizi di sharing mobility. Dobbiamo mettere a disposizione dei cittadini quanti più vettori possibili, quante più possibilità di spostamento esistono per garantire il diritto alla mobilità. Inoltre occorre garantire l’accesso più comodo ed efficace a questo tipo di vettori.  

E qui immagino che il ruolo dei dati e dei servizi giochi un ruolo importante…

Basti pensare a quello che significa la Mobility as a Service nella mobilità moderna. Si tratta di un cambio di prospettiva completo da come abbiamo visto la mobilità fino a questo momento.

Per 150 anni il modello di riferimento è stato costituito da operatori del trasporto pubblico che mettevano a disposizione delle linee con percorsi definiti su criteri propri. Come il viaggiatore raggiungesse la destinazione finale o la fermata non è mai stato un problema del fornitore di servizio, che si trattasse di autobus o treni. Oggi questo atteggiamento non funziona più, significa proprio creare un modello di spostamento autocentrico, intersecato dal trasporto pubblico.

Oggi occorre garantire la semplicità della multimodalità e, quindi, bisogna cominciare a guardare alla mobilità mettendosi dalla parte dell’utente, magari mettendo a sua disposizione un’app semplice da usare e completa con la quale orientarsi nei percorsi secondo le proprie esigenze. Spostarsi dal punto X a quello Y implica cose diverse per un quindicenne e un ottantacinquenne.

Più informazioni da un unico punto di accesso?

Quello che oggi fanno tutti i travel planners disponibili e gli operatori che offrono servizi su Roma, deve essere implementato all’interno di un grande datalake, che raccolga tutti i dati, di tutti i vettori disponibili: trasporto pubblico, taxi, micro e car sharing. 

Inoltre, alla possibilità di scegliere la combinazione di mezzi sul percorso bisogna aggiungere altri due pezzi fondamentali: il primo è quello dell’informazione, o meglio l’integrazione delle informazioni relative ai diversi vettori. Bisogna sapere in tempo reale che cosa avviene lungo il percorso ai mezzi scelti e bisogna saperlo sullo stesso strumento con il quale è stata costruita l’ipotesi di viaggio. Ugualmente importante è fornire al viaggiatore un modello che consenta di valutare l’offerta migliore in relazione al mix scelto per lo spostamento. Se una persona si sposta 6 volte in una giornata usando i mezzi pubblici il sistema deve essere in grado di proporgli un biglietto giornaliero piuttosto che l’acquisto di 6 ticket distinti. I Mobility Services, insomma, devono costruire un vestito di mobilità personale complessivamente inteso per far sì che la multimodalità sia la cosa più semplice, più efficace e più conveniente. Per arrivare a questo punto occorre creare le condizioni per integrare e condividere questa grande mole di informazioni. Bisogna dare corpo ad accordi per la ricezione e l’armonizzazione dei dati che vengono presi da chi fa il Policy Maker, i MaaS Integrator e i MaaS Operator.

Per Roma abbiamo scelto che non ci fosse un MaaS Operator pubblico, piuttosto, che ci fosse la possibilità di aprire a una serie di operatori privati con le proprie applicazioni, lasciando all’utente la possibilità di scegliere in base alle proprie preferenze di consumo.

Per arrivare a questo livello di completezza ed integrazione, però, bisogna creare una serie di condizioni. In quest’ottica Roma ha fatto degli importanti passi avanti creando una centrale del traffico all’altezza di questa sfida: è di questo che sono stato invitato a parlare a Los Angeles.

Quali sono i suoi punti di forza?

Roma Capitale ha una Centrale del traffico che monitora in tempo reale l’intero sistema di trasporto pubblico. Oggi è possibile seguire ogni autobus della rete sino al sistema periferico. È possibile seguirlo lungo la linea, sapere se è in orario, sapere se effettua deviazioni, se si ferma per un guasto. A fine 2025 avremo tre zone di protezione coperte dalle telecamere: la fascia verde che funziona come una sorta di low emission zone, dove i veicoli più inquinanti non possono entrare; una zona più piccola, di congestion charge, dove in una prima fase i non residenti a Roma dovranno pagare per entrare;  e infine quella di protezione del centro storico. Tutte queste zone saranno protette da telecamere: 143 della zona esterna; 48 della zona media e le 23 del centro storico. Tutti questi apparati sono integrati per fornire informazioni sui fenomeni relativi ai criteri di accesso del traffico ‘normale’, quello turistico, quello delle merci. 

La Centrale del traffico integra le informazioni e governa trasporto pubblico, telecamere delle zone di protezione, tutta la semaforica di Roma, i pannelli a messaggio variabile, la microsharing mobility degli operatori privati. Nella Centrale raccogliamo le informazioni provenienti dai diversi sistemi di sensoristica installati, come le ‘spiraline’ per il controllo degli stalli di parcheggio riservati ai bus turistici, al car sharing e domani al carico e scarico merci. Attraverso la Centrale del traffico ci stiamo affacciando al futuro; stiamo gettando le fondamenta della multimodalità a Roma.

Quali altre iniziative sono prossime al traguardo?

La copertura con infrastruttura 5G di tutte le linee della metropolitana che consentirà di innovare diversi servizi.  Ad esempio è stata assegnata a Leonardo una gara da 90 milioni per la sicurezza delle metropolitane, di cui gran parte dedicata alla video sorveglianza evoluta con servizi di riconoscimento dei comportamenti anomali. 

Allo stesso modo stiamo estendo funzionalità di questo genere alla rete degli autobus che hanno bisogno di sicurezza e di soluzioni intelligenti. Nel 2022 abbiamo dotato tutti gli autobus del trasporto pubblico, del cosiddetto sistema TapNgo per l’acquisto del titolo di viaggio con carta di debito o di credito. Ma ora dobbiamo pensare a evolvere il sistema consentendo al servizio di andare oltre il single ticketing.

Sempre per quanto riguarda la rete autobus, sui nuovi mezzi sono installate dotazioni innovative per la sicurezza dell’autista: un transponder direttamente collegato con la centrale ATAC e con le forze dell’ordine che consente di segnalare tramite pulsante qualsiasi tipo di comportamento anomalo. Più semplicemente i nuovi autobus, sono dotati di punti di ricarica USB, ma al di là di questo, sono importanti le telecamere che sono poste all’interno e all’esterno dell’autobus, perché quelle interne ovviamente danno all’autista visibilità di quanto accade sul mezzo e funzionano da contapasseggeri.

Si tratta di un significativo passo avanti che consente di misurare il tasso di occupazione dei mezzi e della rete, in ingresso e in uscita. I nuovi mezzi dotati di radar, sensoristica, videocamere esterne consentono una guida più sicura. 

In sintesi, il sistema di trasporto pubblico a Roma sta abbracciando tutti i più moderni ritrovati utili alla mobilità efficace, integrata e sostenibile che in una realtà come Roma significa tante cose: per esempio, ridurre l’impatto della segnaletica a terra in zone altamente tutelate come quelle del centro storico. 

Abbiamo toccato molti temi, per la maggior parte legati all’efficienza e all’efficacia del servizio. Oggi, tuttavia, questi aspetti vanno visti all’interno di un disegno ancora più ampio e attento ad aspetti quali l’impatto ambientale e quello sociale. Quali obiettivi si pone Roma su questo aspetto?

Il tema della sostenibilità proprio perché così presente rischia di essere banalizzato da iniziative di superficie. È “semplice” affrontare la questione proponendosi di convertire tutta la flotta in autobus elettrici, oppure proporsi di mettere i cittadini in condizione di passare ai mezzi elettrici. Questo è un modello che focalizza l’attenzione sulle sole emissioni. Oggi serve uno sguardo ampio e attento alle condizioni di contesto: occorre diminuire la congestione, trovare gli spazi.

Affrontare questo tema in profondità significa lavorare su tre obiettivi fondamentali: il primo è la riduzione dell’inquinamento, che vuol dire lotta ai cambiamenti climatici. Il secondo è diminuire la congestione dello spazio pubblico, togliendo spazio alle lamiere, alle macchine, per restituirlo alle persone, alla mobilità attiva, all’aggregazione. Il terzo è quello della sicurezza stradale.

Sostenibilità, in altre parole, significa ribilanciare gli spazi urbani?

Ci siamo abituati a spazi e strade dedicate quasi per intero alla marcia o alla sosta delle automobili private. Oggi è necessario trovare spazio per la pedonalità o la ciclabilità, il trasporto pubblico.

Bisogna sostituire la visione tradizionale per la quale parlare di mobilità significa fluidificare il traffico automobilistico. La piramide va rivista al contrario: pedoni, biciclette, trasporto pubblico, sharing mobility e, alla fine, le automobili private.

Lavorando su questi aspetti si raggiunge anche maggiore sicurezza stradale che è il vero aspetto di sostenibilità che ci chiedono i cittadini. Ognuno di noi purtroppo ha avuto esperienze dirette o indirette con gli incidenti stradali. Sono una tragedia che deve essere affrontata.

C’è una triste classifica sui punti di incidentalità. Ci sono diversi parametri: il primo chiede di considerare quante macchine passano; il secondo, quanti incidenti si sono verificati; il terzo, qual è il costo sociale di quegli incidenti. È una questione matematica: quante più macchine passano, tanti più incidenti avverranno. 

L’idea di sostenibilità oggi non si limita al tema ambientale ma è legata a questa necessità di riequilibrare gli spazi fisici in modo più sicuro, ecologico, funzionale, umano.


Gianmarco Nebbiai
Cofondatore e Direttore responsabile di Innovazione.PA. Giornalista e Comunicatore d’impresa, scrive di ICT e del suo impatto sulla società e l’economia dal 1995. Segue tutti i temi legati alla trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, all’innovazione dei processi e dei servizi a disposizione dei cittadini, con particolare attenzione all’innovazione sociale e al digital health.

InnovazionePA è una iniziativa Soiel International, dal 1980 punto d’informazione e incontro per chi progetta, realizza e gestisce l’innovazione.
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