Giorgio Palmucci

Presidente dell’ENIT – Agenzia Nazionale del Turismo
7 Settembre 2019 |
Valerio Imperatori

Correva l’anno 1919. Il governo italiano dell’allora premier, così lo chiameremmo oggi, Francesco Saverio Nitti diede vita all’Agenzia Nazionale del Turismo, la cui missione fin da allora fu quella di promuovere l’Italia come destinazione di viaggi e vacanze. Cent’anni sono trascorsi e il Belpaese ha conosciuto alterne fortune. Nel mezzo due guerre mondiali, la ricostruzione, lo sviluppo industriale, la crescita economica. Col trascorrere del tempo anche l’industria del turismo di casa nostra ha raggiunto importanti e significativi traguardi, tanto da generare l’opinione diffusa che il patrimonio culturale, storico, artistico, naturale e architettonico è talmente unico al mondo che l’Italia potrebbe vivere solo del turismo. Sarà, di certo c’è solo un dato: nel 2018 il 13,2% del nostro PIL, pari a 232,2 miliardi, è stato generato dal turismo, un contributo importante per la nostra economia.
Ma si potrebbe fare molto di più, come ci racconta Giorgio Palmucci, da qualche mese nominato Presidente dell’Enit-Agenzia Nazionale del Turismo, l’ente erede di quell’intuizione politica del governo che guidava il Paese cent’anni fa.

Presidente Palmucci, la storia degli ultimi anni di Enit mi sembra sia stata un po’ tortuosa e complessa. Da un Ministero all’altro, commissariamento,  fuga dei dipendenti pubblici a fronte della possibilità essere contrattualizzati come lavoratori del privato e così via. È stata finalmente raggiunta oggi la stabilità dell’Agenzia?

Gli ultimi anni dell’Agenzia non sono stati semplici. Dall’esterno non sempre si comprendono la ragione di alcuni accadimenti. Le scelte politiche unite ai cambiamenti della natura giuridica dell’Ente rendono l’idea di come l’Agenzia sia dovuta ripartire ogni volta e in contesti nuovi, in alcuni casi anche senza il personale indispensabile per rispondere con puntualità e professionalità alle domande del mercato. Ora credo abbiamo raggiunto una sostanziale stabilità e stiamo lavorando per completare l’organico. È bene però ricordare le tappe amministrative di questo lungo periodo.L’Enit, l’Agenzia Nazionale del Turismo è attualmente un ente pubblico economico. Fino al 2014 era pubblica al 100%. Poi c’è stata una fase di commissariamento quando già faceva parte del MIBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) perché prima ancora era al dipartimento del Turismo presso la presidenza del Consiglio dei Ministri. Al termine del commissariamento si è modificata la struttura giuridica diventando un ente pubblico economico. 

Questa trasformazione non risulta sia stata indolore…

Ceramente no. Nel 2015 è stato insediato il primo consiglio di amministrazione e uno dei primi problemi che dovette affrontare fu la fuga dei dipendenti. La loro prestazione lavorativa avrebbe dovuto essere regolamentata dal contratto nazionale dei lavoratori del turismo, insomma come in una azienda privata. È finita che gran parte  dei dipendenti di Roma  (perché quelli delle sedi estere hanno contratti locali) ha scelto di rimanere dipendente pubblico al Ministero. Quindi il consiglio di amministrazione si è trovato improvvisamente con personale ridotto ai minimi termini. Per cui l’ente è dovuto ripartire con nuove assunzioni, occupandosi essenzialmente della ricostruzione della  struttura. Quando noi, nel 2019 ci siamo insediati, una parte della struttura prevista dal piano di rilancio dell’Enit del 2016, non era ancora in ruolo. Oggi l’Agenzia conta 48 dipendenti, un direttore esecutivo, un direttore finanza e controllo, un direttore marketing e un direttore affari giuridici e legali. A questi vanno aggiunti i circa 70 dipendenti operanti nelle sedi estere. Con questo organico la nostra attività è ripartita, secondo le linee guida definite dal Piano Strategico del Turismo. 

Come viene nominato il Consiglio d’Amministrazione?

Lo statuto dell’Enit prevede che il presidente venga nominato dal Ministro competente al quale spetta pure la nomina di un secondo rappresentante sentite le principali associazioni di categoria.  Il terzo membro è indicato dalle Regioni. Oltre al sottoscritto, oggi nel CdA siedono la professoressa Magda Antonioli dell’Università Bocconi e Sandro Pappalardo che ha lasciato l’assessorato al turismo della Regione Sicilia. 

Lei è stato nominato dall’ex Ministro Gian Marco Centinaio ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, con delega al turismo (Mipaaft), nel governo Conte I. Oggi però il suo Ministro di riferimento è Dario Franceschini tornato alla guida del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (Mibact) e come primo atto ha riportato l’Enit in orbita beni culturali.

L’allora ministro Gian Marco Centinaio mi chiamò e mi propose questa prestigiosa presidenza. Io credo abbia riconosciuto la mia trentennale esperienza nel settore turistico alberghiero oltre al fatto di essere stato presidente Confindustria Alberghi e vicepresidente di Federturismo, attività che mi hanno permesso di esprimermi più volte sulle strategie di promozione dell’Italia sui mercati internazionali. Così da manager di aziende private ho voluto accettare questa sfida, mettendomi a disposizione. 
Io mi considero un tecnico al servizio del Paese. Vorrei svolgere come Enit un ruolo di facilitatore dei rapporti con tutti i soggetti pubblici e privati che operano nel settore del turismo. E il fatto di essere stato manager privato e oggi manager pubblico può essere utile a questo obiettivo. Nelle mie audizioni alla Camera e al Senato sono stato valutato positivamente sia dalla maggioranza che dall’opposizione. Quindi per me è stato un riconoscimento professionale. 
 
Ancora una volta l’Enit salta da un ministero ad un altro, da un ministro ad un altro, dalle politiche agricole ai Beni Culturali.

È bene ricordare che i cittadini italiani sono stati chiamati al voto referendario per decidere sull’abrogazione o meno del Ministero del Turismo e hanno optato per l’abrogazione. Non solo, per la nostra carta costituzionale la delega alle politiche turistiche è propria delle Regioni, al pari della sanità. Ciò detto, io penso che il turismo avrebbe meritato un proprio ministero. Certo che essere parte di un Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio è meno significativo dell’appartenere organicamente a un ministero. Poi politiche agricole o beni culturali, io non ho avvertito grandi problemi, si tratta di scelte politiche che non mi competono. Le ragioni per le quali molti turisti vengono nel nostro Paese sono molteplici, come l’immenso patrimonio culturale  ma anche l’enogastronomia e le bellezze naturali. Come ha detto anche il Presidente del Consiglio il nostro è veramente un paese di Turismi capace di soddisfare le aspettative dei visitatori provenienti da ogni parte del mondo.
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Quanto costa l’Enit?

Noi abbiamo una convenzione triennale che prevede un trasferimento dallo Stato di circa 30 milioni di euro. Sono a mio avviso pochi rispetto a quanto investono Francia e Spagna, ma a questi investimenti va aggiunta la spesa delle singole Regioni con le quali collaboriamo sempre più strettamente. 
Importante è chiaramente fare buon uso delle risorse che lo Stato ci trasferisce. Le segnalo solo un dato: nel 2015 circa il 70 % delle risorse veniva impiegato nel mantenimento della struttura, oggi siamo riusciti a contenerlo al 30%. In tal modo possiamo spendere il 70% in promozione e marketing. Prima del cambiamento della natura giuridica dell’Ente, a capo di ogni ufficio estero c’era un manager con costi elevatissimi. Oggi i direttori negli uffici esteri non ci sono più, tutto è coordinato dalla sede centrale di Roma, una riduzione di costi attuata da chi mi ha preceduto.
 
Trasferimenti bassi ma governo del settore parcellizzato dalle deleghe alle Regioni, mentre nei Paesi Europei prima citati trasferimenti alti e governo centrale politiche del turismo.

Infatti, quello che mi è stato chiesto è di lavorare con le Regioni per definire azioni di marketing e promozione comune sui diversi mercati, iniziando proprio dalle fiere, appuntamenti ed eventi internazionali. Insomma avere una promozione comune del Made in Italy, dalla moda all’auto, dal food agli insediamenti culturali, dall’agricoltura all’archeologia, dal mare alla montagna, ecc… Quando andiamo all’estero, soprattutto nei paesi emergenti e lontani dall Italia dobbiamo presentarci come Paese e non come una parte di esso. Poi decliniamo anche l’offerta indicando le diverse eccellenze regionali dei vari settori del turismo: da quello balneare a quello montano, da quello enogastronomico a quello culturale. Quando si va in Paesi in forte crescita dove l’Italia non è percepita come destinazione, dobbiamo lavorare tutti insieme. Quello che ho iniziato a fare da subito è collaborare con le Regioni, le Ambasciate, gli Istituti di Cultura, le Camere di Commercio all’estero, incontrare regolarmente gli uffici dell’Ice, insomma costruire una tela di rapporti che permettessero una maggiore facilità di penetrazione nei mercati esteri. In molti Paesi divenuti nel passato destinazioni di migranti italiani, esistono inoltre forti comunità di nostri concittadini che associati possono promuovere le bellezze del nostro Paese e tornare anche a scoprire le loro radici. Tutto ciò ha permesso di riunire almeno 16 Regioni Italiane per la prima volta in un unico padiglione durante il prossimo World Travel Market di Londra. Così pure faremo in occasione dell’altra grande fiera internazionale del Turismo lTB di Berlino, nel prossimo mese di marzo 2020. Nel momento in cui viene creato un padiglione Italia nella fiera, tutti partecipano anche economicamente alla riuscita dell’esposizione.
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Secondo lei, è cresciuta la sensibilità o la consapevolezza della necessità, nel rispetto delle reciproche competenze, di una regia centrale nella promozione turistica nazionale?

Si, io credo che possiamo registrare una maggiore sensibilità verso la necessità di coordinamento e programmazione. Il 30% dei turisti che vengono in Italia sono tedeschi e spesso conoscono molto bene l’Italia. Per cui se una qualsiasi regione italiana partecipa in modo autonomo a un evento in Germania, sa che si rivolge a un pubblico che conosce molto bene il nostro Paese, per cui diventa più facile e allo stesso tempo più efficace promuovere nello specifico le ricchezze del proprio territorio locale. Se invece ci si rivolge a mercati come quello statunitense o indiano o brasiliano o cinese dove il numero di turisti che viaggiano all’estero sta aumentando in modo considerevole, l’Italia ha già difficoltà a essere identificata e se l’approccio, l’ingaggio, è quello locale non viene neppure percepita. Oppure quando si incontrano grandi tour operator mondiali, come nel caso dell’accordo che come Enit abbiamo stipulato con Ctrip che ha trecento milioni di clienti, il potere contrattuale di una singola regione non può essere così forte da spostare l’offerta verso il proprio territorio. Al contrario mettendoci a disposizione delle Regioni possiamo ottenere risultati più significativi e importanti. In questo senso la consapevolezza che tutti insieme possiamo ottenere di più si è fatta strada tra tutti i soggetti interessati. Poi vi sono mercati nei quali il lavoro dell’Agenzia deve essere coordinato, aiutato e indirizzato anche da altri rappresentanti dello Stato. Come nel caso della Cina, dove cresce in modo esponenziale il numero di persone che decidono di viaggiare anche verso l’Europa. Il lavoro svolto con l’ex ambasciatore a Pechino Ettore Francesco Sequi dallo scorso mese di agosto Capo di Gabinetto della Farnesina, è stato molto prezioso e ci ha permesso di raggiungere significativi risultati. Sono infatti cresciuti i turisti cinesi che hanno trascorso periodi di vacanza in Italia.

Durante l’estate appena trascorsa l’attore inglese Hugh Grant ha postato foto che ritraevano  masse di rifiuti per le strade di Roma. È più efficace la testimonianza, in questo caso negativa, di un noto personaggio o l’attività di marketing dell’Enit?

Purtroppo quelle foto di Hugh Grant  hanno avuto una forte risonanza soprattutto nei mercati anglofoni. Pochi scatti, possono anche rovinare il lavoro di mesi dell’Agenzia e delle Regioni . La situazione era sicuramente difficile e questo ben al di là di chi amministra la città. Roma è la capitale d’Italia, una storia millenaria raccontata dalle sue pietre, è una città che ha moltissimo da offrire, vederla rappresentata in quel modo in quegli scatti è assai deprimente soprattutto per chi come noi dovrebbe promuovere nel mondo il Belpaese. È la stessa vicenda vissuta qualche anno fa per la medesima emergenza a Napoli. Rimediare a tutto ciò poi richiede tanto lavoro, impiego di tante risorse economiche ma soprattutto tempo.
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A proposito di emergenze, come reagisce l’Agenzia sui mercati di riferimento a fronte di eventi straordinari in termini di comunicazione e ripresa della promozione?

Non possiamo in realtà fare molto se non incrementare attività di promozione delle destinazioni enfatizzandone le eccellenze e cercando di evidenziare l’eccezionalità di situazioni che possono indebolire l’immagine e il percepito nel mondo. Comunque nella nostra attività prevediamo di intensificare l’informazione senza minimizzare ma cercando di spiegare la contingenza di una crisi che può essere di varia natura, dai rifiuti all’eruzione dello Stromboli, ai fenomeni sismici. Ma anche nella comunicazione bisogna prestare attenzione, perché in molti casi all’estero non si ha una percezione corretta. Mi spiego. Quando c’è stato il terremoto in Umbria in alcuni Paesi esteri l’intera Regione era considerata disastrata mentre in realtà solo alcune zone erano state toccate dall’evento catastrofico.
E ancora, quest’anno l’eruzione straordinaria dello Stromboli che ha anche provocato una vittima, ha fatto scappare inevitabilmente molti turisti. Ma è altrettanto vero che in moltissimi casi per i turisti stranieri sono proprio il vulcano e le sue attività anche quotidiane, a costituire la vera attrazione, il vero richiamo che giustifica il viaggio. Bisogna gestire bene le emergenze e avviare sempre una corretta attività d’informazione verso i mercati soprattutto quelli di Paesi lontani. Ma per l’Agenzia il lavoro è sempre impegnativo anche quando le emergenze non interessano il nostro territorio e sono destinate a essere superate. Un esempio? Per qualche anno le nostre destinazioni di mare hanno registrato presenze di turisti europei che per tradizione e sicuramente anche per costi inferiori, sceglievano il mar Rosso, magari Sharm Sheik, oppure Turchia. Destinazioni queste considerate poco sicure a causa del terrorismo che agiva in quell’area geografica. Superato fortunatamente questo allarme e comunque ridimensionato, gli stessi turisti europei hanno in parte lasciato la Sardegna e la Sicilia e sono tornati sul Mar Rosso. È ovvio che in questa scelta hanno pesato minori costi e facilità di collegamenti. Questo per dire che dobbiamo occuparci intensamente anche quando rientrano emergenze di altri Paesi per fidelizzare coloro che hanno scelto l’Italia a causa della insicurezza di alcune aree del mondo. È un lavoro di sistema che deve essere svolto per vincere comunque la concorrenza di altre destinazioni internazionali, a partire dai collegamenti, dai trasporti, dai costi. 

Quali sono le strategie e gli obiettivi programmatici che Governo ed Enit hanno definito nei propri piani?

Intanto è corretto ricordare che esistono due livelli d’intervento strategico nel settore turismo. Innanzitutto Il piano strategico del Governo 2017-2022  che definisce con molta chiarezza quali sono gli obiettivi e che per sintesi cito solo per titoli: promuovere la valorizzazione integrata delle aree strategiche di attrazione turistica e dei relativi prodotti; promuovere la valorizzazione integrata delle destinazioni turistiche emergenti; ampliare, innovare e diversificare l’offerta; digitalizzare il sistema turistico italiano; adeguare la rete infrastrutturale per migliorare la mobilità e l’intermodalità; accrescere la cultura dell’ospitalità e sviluppare competenze adeguate alla evoluzione del mercato; sviluppare e qualificare le imprese del turismo; definire un quadro normativo, regolamentare ed organizzativo funzionale allo sviluppo; rafforzare i posizionamenti e l’attrattività del brand Italia e facilitare azioni di promozione sul mercato interno; ampliare e diversificare la domanda e i mercati; rafforzare la digitalizzazione dei servizi di promozione e commercializzazione. 

Questo da parte del governo e l’Agenzia?

Abbiamo recentemente presentato il nostro Piano Triennale in coerenza con i principi cardine del Piano Strategico che prevede una serie di azioni per determinare una crescita in valore. Nel 2018 abbiamo avuto circa 430 milioni di pernottamenti, 50%italiani e 50% stranieri. La Germania con Austria e Svizzera fornisce il 25% dei turisti che vengono in Italia. Noi abbiamo una sede a Francoforte, poi e un ufficio di rappresentanza presso l’ambasciata di Berlino e ora anche a Monaco di Baviera, Zurigo e Vienna. In questi Stati le nostre azioni di marketing sono molto penetranti  e interessano anche nicchie di domanda turistica. Andare a Berlino e promuovere Venezia non avrebbe senso, i tedeschi conoscono benissimo Venezia, meglio presentare loro proposte più particolari, cicloturismo, turismo outdoor che piace molto. Noi qui dobbiamo fidelizzare per far conoscere loro destinazioni meno note.
Lavoriamo per determinare non solo la crescita di presenze ma anche la durata media di permanenza nel nostro Paese oggi misurata in tre/quattro giorni. Obiettivo ambizioso è destagionalizzare l’intera offerta in modo tale da soddisfare la domanda non solo per alcuni mesi ma per tutto l’anno. Per noi italiani questo obiettivo sembra impossibile, basti pensare ai nostri calendari scolastici o più in generale alla concentrazione in pochi mesi delle nostre ferie. Dobbiamo anche lavorare per la deconcentrazione del turismo sia verso mete meno frequentate sia verso quelle ricche di attrazioni. Basti ad esempio ricordare che il 60%, dei 55 siti UNESCO presenti nel nostro Paese si trovano in Comuni con meno di 5.000 abitanti. È necessario incrementare il turismo slow e quello active, cicloturismo, turismo outdoor. Il nostro Paese ha sicuramente una vastissima offerta. Ci impegneremo a lavorare sui diversi target, dalla famiglia ai single e daremo vita ad attività di marketing operativo nei singoli paesi in base alle caratteristiche differenti del tasso di penetrazione della nostra offerta. Infine cercheremo di potenziare l’online, destinato ad essere ormai la fonte principale d’informazione per coloro che desiderano viaggiare.
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Non sono mai esistite politiche di commercializzazione pubblica diretta e territoriale. Così grandi operatori dell’intermediazione hanno preso il sopravvento, senza regole.

Siamo ormai in presenza di giganti mondiali dell’intermediazione. Oggi è impossibile contrastare un mercato monopolistico o oligopolistico. Competere sarebbe veramente complicato. Difficilmente potremmo avere condizioni economiche più vantaggiose delle società di intermediazione. Altro discorso è la certificazione di qualità dei servizi e delle strutture turistiche. Non nascondo la complessità del problema, a partire dalle venti classificazioni delle strutture alberghiere, solo in Italia esiste questo problema. E poi mancano i controlli le verifiche di ciò che viene dichiarato. 

A proposito di controlli, a fronte della variegata offerta di soluzioni di accoglienza (B&B, affitta camere, affitti brevi di appartamenti, agriturismo ecc..) oltre ai noti casi di evasione fiscale, non esiste ancora una chiara e definitiva regolamentazione.

Il Ministero sta spingendo le Regioni ad assumere un codice identificativo unico. Ma il problema è molto più ampio e, ancora, chiama in causa le attività di monitoraggio e controllo che spettano in prima battutta alle amministrazioni locali e regionali che hanno la delega alle politiche turistiche. In Svizzera, ogni due anni alla struttura alberghiera viene inviato un ispettore che ha un questionario con 100 items. Se di questi se ne spuntano più di sette non conformi, alla struttura interessata viene dato un certo periodo di tempo per mettersi in regola e se ciò non dovesse accadere, la struttura verrebbe retrocessa nelle stelle di qualificazione. Da noi vi sono strutture che non hanno mai avuto un’ispezione, un controllo. In alcune aree del nostro Paese vi sono moltissimi alberghi costruiti negli anni ’70 che non sono stati interessati nel tempo da interventi di ammodernamento, di innovazione, per cui se negli anni ’70 venivano classificati come strutture a quattro stelle oggi non lo sono più ma continuano a presentarsi tali. 

Non è forse il caso di ammodernare anche l’immagine dell’Agenzia? A partire magari anche dal logo. Da questo punto di vista, per esempio, Amsterdam insegna.

In Agenzia da giugno 2018 abbiamo la nuova direttrice marketing Maria Elena Rossi che ha maturato una grande esperienza a Turismo Piemonte che sta affrontando concretamente gli aspetti di promozione e d’immagine dell’Agenzia, anche del logo che è stato modificato.

Quali sono le politiche europee coordinate sul turismo?

Noi partecipiamo all’European Travel Comission nella quale la professoressa Magda Antonioli è stata nominata vicepresidente. Vi sono alcune politiche che possono essere considerate comuni, come il codice identificativo per la ricettività e soggiorni brevi, ma sulla promozione vi è ancora molto da fare.

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